Pranzo di nozze deludente: legittimo eccepire l’inadempimento in sede di opposizione a decreto ingiuntivo

Paolo Caliari detto “Il Veronese” è stato, insieme a Tiziano ed al Tintoretto, uno dei tre grandissimi pittori veneziani che durante il Cinquecento hanno dato lustro all’arte della città lagunare.

Nelle “Nozze di Cana” (datato 1563) il Maestro realizza, su commissione dei monaci benedettini per il refettorio sito nella Basilica di San Giorgio Maggiore a Venezia, una rievocazione in stile rinascimentale del banchetto narrato nel Vangelo, che vedeva Cristo protagonista della trasformazione dell’acqua, fatta raccogliere nei recipienti destinati ai commensali, in vino.

Un’opera maestosa e mirabile, che non poteva non attrarre l’attenzione di Napoleone, tanto lesto nel portarsela in Francia quanto poco avveduto nel rimuoverla dalla sua parete originaria, avendo fatto recidere il dipinto con grossi tagli laterali ed uno centrale, che ancora oggi si notano quando, per ammirare la creazione del Veronese, ci si reca a Parigi al Museo del Louvre.

Da notare è l’allocazione (atipica nei banchetti nuziali) degli sposi al lato sinistro del quadro, esattamente ai primi due posti del tavolo, mentre al centro campeggia la figura di Gesù Cristo; ovvie sono le ragioni religiose della scelta.

Come pure la clessidra dipinta dall’artista sotto il Cristo è simbolo della fugacità del divertimento terrestre, contrapposta idealmente all’eternità della beatitudine celeste.

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Traslando il maestoso banchetto del Veronese ai pranzi di nozze dei nostri tempi, la Cassazione si è occupata recentemente di un banchetto nuziale finito male, in quanto gli sposi opponevano un rifiuto al pagamento di un saldo preteso dall’azienda agricola che organizzava le attività di ristorazione.

Quest’ultima, non ottenendo la corresponsione dei relativi importi, agiva nei confronti dei committenti notificando loro decreto ingiuntivo concesso dal Giudice di Pace.

Gli sposi, per nulla accondiscendendo all’intimazione di pagamento giudiziale, proposero opposizione ed i due gradi di merito si conclusero con l’annullamento del decreto ingiuntivo, avendo l’istruttoria dimostrato il non corretto adempimento da parte della ditta incaricata del pranzo di matrimonio.

La questione venne portata davanti ai Supremi Giudici dalla ditta soccombente ed il caso è stato deciso con Ordinanza n. 3009 del 9 febbraio 2021, resa dalla Sesta Sezione Civile.

Il pronunciamento dei Giudici di Piazza Cavour fa propri una volta di più i principi dell’eccezione di inadempimento, di cui all’art. 1460 del codice civile, in ragione dei quali all’interno di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, a fronte dell’eccezione “inadimplenti non est adimplendum” sollevata dalla parte opponente, in ordine al dedotto incompleto adempimento della prestazione da parte dell’opposta, quest’ultima è tenuta a provare l’avvenuto adempimento della prestazione dovuta.

Come noto, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento.

Uguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ., risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione.

Venendo al caso di specie, la Cassazione ha modo di ribadire che nei contratti con prestazioni corrispettive, in caso di denuncia di inadempienze reciproche, è necessario comparare il comportamento di ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi ed alla oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti ed abbia causato il comportamento della controparte, nonché della conseguente alterazione del sinallagma.

Questo accertamento, fondato sulla valutazione dei fatti e delle prove, rientra nei poteri del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se rettamente motivato.

Ebbene, nel caso di specie i giudici di merito ritenevano non provato l’esatto adempimento del servizio di ristorazione cui dava seguito la ditta incaricata del banchetto matrimoniale, confermando la bontà dell’eccezione d’inadempimento opposta dagli sposi.

Rilevando come l’intero ricorso mirasse ad una rivalutazione dei fatti storici già operata nelle fasi di merito e, appunto, non consentita in sede di legittimità, la Suprema Corte non poteva non concludere per il rigetto della domanda promossa dalla ditta organizzatrice del servizio nuziale, la quale doveva rinunciare a far valere la pretesa creditoria, pur inizialmente riconosciuta nella fase d’ingiunzione.

Un secondo solo ….…     

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