Le sorti del conto corrente cointestato… va tutto al coniuge superstite?

Teofilo Patini è stato un pittore vissuto a fine Ottocento dalle grandi rappresentazioni realiste, vicine al mondo contadino abruzzese, la propria Regione, ed alle classi sociali più basse, in linea col pensiero socialista dell’artista.

Nell’opera denominata “L’erede“, custodita nella Galleria Nazionale di Arte Moderna a Roma e datata 1880, il pittore di Castel di Sangro tratteggia i contorni di una famiglia gravemente indigente, nella quale il nuovo nato non farà altro che ereditare lo stato di penuria e di povertà estrema dei propri genitori.

Il neonato è però circondato da una luce che ne illumina i contorni ed il piccolo corpicino, quasi a voler auspicare una redenzione sociale rispetto all’attuale situazione di totale degrado familiare, descritta con maestria dal Patini tramite le tinte scure e lo stato d’infima miseria in cui versano gli occupanti della casa, come pure gli interni della casa medesima.

L'erede di Teofilo Patini

Di ben altra eredità si è trattato tra le aule di Piazza Cavour qualche giorno fa, quando la Suprema Corte ha definito un contenzioso attivato dai due fratelli di un signore deceduto, nei confronti della di lui moglie superstite, per aver costei sottratto il patrimonio del de cuius promanante da un conto corrente cointestato fra i coniugi, dell’ammontare di oltre 270 mila euro.

Si tratta dell’Ordinanza n. 4838 del 23 febbraio 2021, resa dalla Seconda Sezione Civile.

I fratelli del morto rivendicavano davanti alla Cassazione la loro posizione di eredi ab intestato, non essendo intervenuto alcun testamento; più in particolare, la loro domanda era volta ad ottenere l’attribuzione pro quota della metà delle somme giacenti sul conto corrente intrattenuto su un istituto bancario romano dal defunto e dalla di lui consorte.

Preliminarmente, va detto che la questione va regolamentata in base al disposto dell’art. 582 del codice civile (concorso del coniuge con ascendenti, fratelli e sorelle), in base al quale  “al coniuge sono devoluti i due terzi dell’eredità se egli concorre con ascendenti o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli uni e con gli altri. In quest’ultimo caso la parte residua è devoluta agli ascendenti, ai fratelli e alle sorelle, secondo le disposizioni dell’articolo 571, salvo in ogni caso agli ascendenti il diritto a un quarto della eredità“.

La Corte d’Appello, dopo un primo grado favorevole ai fratelli, diede ragione alla moglie del de cuius, evidenziando che la donna avesse fornito elementi idonei a superare la presunzione di pari appartenenza del saldo tra marito e moglie, avendo provato che il conto corrente fu alimentato per la quasi totalità con proprie risorse, essendo modesti gli importi versati dal coniuge, titolare della sola pensione Inps.

In particolare, i giudici di appello ritenevano superata la declaratoria di cui all’art. 1854 del codice civile, che così testualmente recita:

Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto

A questo fine la Corte d’Appello poneva l’accento su una pluralità di rimesse di consistente importo, per le quali si poteva ragionevolmente riconoscere la provenienza personale della provvista, in quanto derivanti dalla successione della madre e della sorella della moglie del defunto.

I fratelli ricorrenti in Cassazione evidenziavano invece che le rimesse considerate dai giudici di secondo grado non erano state le uniche affluite sul conto corrente cointestato, essendocene state altre e plurime, provenienti dal de cuius (in particolare, una vendita immobiliare).

I Supremi Giudici evidenziano anzitutto che la cointestazione di un conto corrente tra coniugi attribuisce agli stessi, ex art. 1854 c.c., la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto, sia nei confronti dei terzi che nei rapporti interni, e fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto; tale presunzione dà luogo ad una inversione dell’onere probatorio che può essere superata attraverso presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti – dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa.

Pertanto, ove il saldo attivo del conto cointestato a due coniugi risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi, si deve escludere che l’altro coniuge, nel rapporto interno, possa avanzare diritti sul saldo medesimo.

Nel conto corrente bancario intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti non sono regolati dall’art. 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca, bensì dall’art. 1298 comma 2 c.c. in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, solo se non risulti diversamente; sicché, non solo si deve escludere, ove il saldo attivo derivi dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare pretese su tale saldo ma, ove anche non si ritenga superata la detta presunzione di parità delle parti, va altresì escluso che, nei rapporti interni, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, possa disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto.

Nel caso sottoposto all’attenzione della Cassazione dai due fratelli, gli stessi in particolare eccepivano il mancato esame, da parte della Corte d’Appello, di un atto di compravendita di quota parte di un immobile, intercorsa fra i coniugi in costanza di rapporto matrimoniale; evidenziavano a tal riguardo i ricorrenti che molte rimesse effettuate dalla moglie sul conto corrente comune dei coniugi costituissero, in parte, il pagamento del prezzo della stessa vendita, che nell’atto il venditore dichiarava “di avere già in precedenza ricevuto”.

Ciò a giustificare, una volta di più, la sicura compartecipazione, nella formazione del saldo attivo del conto corrente, anche da parte del marito defunto.

E proprio sulla base di tali evidenze, del tutto eluse nell’esame della Corte d’Appello, la Cassazione imponeva il rinvio del procedimento davanti sempre alla Corte d’Appello, in diversa composizione.

Un secondo solo ….…     

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