Il mondo del lavoro sta subendo macroscopici cambiamenti ed il legislatore italiano, sulla scia dei dettami promananti dall’Unione Europea, ha dato vita a numerose riforme, che di tali cambiamenti hanno preso atto, stravolgendo il palcoscenico legislativo presente sino a pochi anni orsono.
Uno degli esempi più evidenti di tale mastodontica “rivoluzione” è quello della somministrazione di lavoro.
Addetti alle pulizie, informatici, lavoratori di call center, gestori di magazzini, consulenti di marketing, ma non solo, sono figure professionali spesso “somministrate” da un’agenzia per il lavoro (cosiddetta agenzia interinale), in favore di una società o ditta utilizzatrice.
Oggi la somministrazione di manodopera può essere utilizzata per qualsiasi categoria di lavoratori, a prescindere dalla causale (pur con limiti voluti dal Decreto Dignità, di cui si parlerà più avanti).
Possono essere instaurati rapporti di somministrazione a tempo determinato, con limiti quantitativi specificati nei contratti collettivi (e comunque entro i limiti temporali della disciplina vigente per i contratti a termine ed un massimo di 6 proroghe); ma possono essere instaurati anche rapporti di somministrazione a tempo indeterminato (cosiddetto “staff leasing”), nel limite del 20% rispetto al numero di lavoratori assunti a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore alla data del 1° gennaio dell’anno in cui viene a stipularsi il contratto (peraltro, suddetto limite percentuale può esser modificato dai contratti collettivi).
Il contratto di somministrazione di lavoro va redatto, a pena di nullità, per iscritto; in mancanza di forma scritta, il lavoratore va considerato a tutti gli effetti alle dipendenze della società utilizzatrice.
Alla base del contratto di somministrazione (tra agenzia di lavoro e società utilizzatrice), c’è il contratto di lavoro (tra agenzia di lavoro e singolo lavoratore).
Il potere disciplinare spetta all’agenzia di lavoro, non all’utilizzatore.
Il pagamento della retribuzione al lavoratore ed il versamento dei contributi previdenziali e assicurativi sono a carico del somministratore, con il rimborso successivo da parte dell’utilizzatore.
Questo regime rappresenta un’innovazione radicale rispetto alla normativa del passato.
Si pensi che la Legge n. 1369 del 1960 all’art. 1 prevedeva un esplicito divieto, per tutti i datori di lavoro, di affidare, in appalto od in subappalto od in qualsiasi altra forma, anche a società cooperative, l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro, mediante impiego di manodopera assunta e retribuita dall’appaltatore o dall’intermediario. In pratica, veniva ab origine escluso qualsiasi contratto commerciale fra committente ed interposto.
L’evoluzione normativa giunge al 1997, quando con la pubblicazione della “Legge Treu” subentrava il concetto di “interposizione legale”: si operava, per la prima volta nell’ordinamento italiano, una effettiva scissione tra contratto di lavoro e utilizzazione delle prestazioni disciplinate in quel medesimo contratto di lavoro.
Nel pacchetto Treu non era possibile fornire lavoro a tempo indeterminato, ma solo lavoro a termine (ma oggi, come detto, è possibile, tenendo a mente i soli limiti di contingentamento).
Peraltro la legge del 1997 prevedeva che il contratto di fornitura di lavoro temporaneo potesse essere concluso solo nelle seguenti eventualità: a) nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell’impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi; b) nei casi di temporanea utilizzazione in qualifiche non previste dai normali assetti produttivi aziendali; c) nei casi di sostituzione dei lavoratori assenti; e poi, al comma 3: “Nei settori dell’agricoltura, privilegiando le attività rivolte allo sviluppo dell’agricoltura biologica, e dell’edilizia i contratti di fornitura di lavoro temporaneo potranno essere introdotti in via sperimentale previa intesa tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale circa le aree e le modalità della sperimentazione”.
Sarà poi la Legge Biagi (il D. lgs. n. 276/2003) a disciplinare compiutamente la somministrazione di manodopera, applicando l’istituto laddove sussistevano ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo, presenti presso l’utilizzatore al momento della stipula del contratto e per tutta la sua durata.
Attualmente, come detto, non è necessario esplicitare le ragioni del ricorso al lavoro somministrato. Tuttavia, nella somministrazione a tempo determinato, il Decreto Dignità (convertito nella Legge n. 96 del 2018) ha previsto che la stipula di un contratto di lavoro a termine “a-causale” possa avvenire solo per una durata non superiore a 12 mesi; il contratto potrà avere una durata superiore ai 12 mesi ed entro i limiti dei 24 mesi, solo in presenza delle seguenti causali (da applicarsi all’impresa utilizzatrice): esigenze temporanee ed oggettive, estranee alla ordinaria attività; ragioni sostitutive; esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili della attività.
Fermo rimanendo il limite di contingentamento del 20% per i contratti a tempo determinato proprio dell’utilizzatore, il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine o in somministrazione a tempo determinato non potrà superare complessivamente il limite del 30% del numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti (con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5). Non sono previsti limiti di contingentamento per la somministrazione a termine di lavoratori in stato di mobilità, di disoccupati che godono da almeno sei mesi della NASPI o di ammortizzatori sociali, e di lavoratori “svantaggiati” o “molto svantaggiati”, come individuati con decreto del Ministro del lavoro.
Il Decreto Dignità introduce anche il concetto di “somministrazione fraudolenta“, cancellato nel corso della precedente legislatura con il Jobs Act. Il reato si verifica quando la somministrazione di manodopera è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore. In tal caso, sono puniti sia somministratore che l’utilizzatorecon la pena dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvoltoe per ciascun giorno di somministrazione. Non si stabiliscono limiti di importo minimi o massimi.