La notizia di un lavoratore infedele, che di soppiatto, all’interno dei locali dell’IKEA, intascava i soldi dei distributori automatici, fino a giungere, in sei mesi, ad un importo di 10 mila euro, impone una riflessione sul licenziamento per giusta causa allorquando vengono commessi reati all’interno dei locali del datore di lavoro.
In questi casi, la lesione del vincolo fiduciario richiesto dall’art. 2119 del codice civile appare evidente, sussistendo una grave e biasimevole condotta del dipendente a danno dell’apparato aziendale.
Suddetta lesione persisterebbe anche nell’ipotesi in cui il danno in concreto per la società datrice di lavoro non fosse di carattere ingente, perché la condotta scorretta posta in essere dal lavoratore determina conseguenze negative in termini di corruzione ambientale (non sostenibile prosecuzione dei rapporti con i colleghi, con i superiori, con terzi che si interfacciano con la società datrice di lavoro) e di perdita irreversibile dell’affidabilità nei confronti della persona del prestatore di lavoro.
Il licenziamento sarà in tronco, ossia senza neppure il preavviso.
Diverso, invece, sarebbe il caso in cui, valutato il principio di proporzionalità, il comportamento del lavoratore, pur censurabile, non rappresenti un fatto tale da ledere in modo definitivo la fiducia datoriale.
In quest’ultima evenienza l’art. 7 della Legge 300/70 prevede una scala graduale di sanzioni disciplinari, ma si esclude il licenziamento per giusta causa.
Ne parlo nel breve video che riporto qui sopra e che ho il piacere di condividere.