Il ruolo fondamentale della professione di medico lungo la storia dell’umanità, sino ai tempi del coronavirus

La coscienza sociale ha spesso assunto atteggiamenti a metà tra la deferenza e l’idiosincrasia verso chi svolge la professione di medico.

Addirittura esiste una vera e propria patologia, la “iatrofobia”, che combina il terrore per la figura del dottore, l’ansia per il rischio di venire a conoscenza di sopraggiunte malattie, la paura di ricevere cattive notizie sul proprio stato di salute.

Nella storia si sono susseguiti il medico sacerdote dell’età antica, lo stregone, il medico fedele al metodo deduttivo di Ippocrate, l’alchimista, il medico empirico, il medico razionalista, il medico olistico, sino a giungere alla scienza della medicina moderna.

Una figura che desta inquietudine nell’immaginario collettivo è ancora oggi quella del medico che operava lungo il Seicento, per curare la peste.

Egli portava sul volto una maschera a forma di becco, con due aperture per gli occhi, protette da lenti, due buchi per le narici, per consentire la respirazione, ed un grosso becco curvo, al cui interno veniva inserita la “teriaca”, un preparato farmaceutico di erbe medicinali come lavanda, timo, foglie di menta, spezie come la cannella, ad altri composti, come l’aceto, la carne di vipera, la mirra, il miele (come ci ricorda un interessante articolo di National Geographic, qui riportato).

maschera medico

Lo scopo della maschera era di preservare la respirazione del medico dagli effluvi malsani della pestilenza, ritenuti la causa dell’epidemia.

Inoltre i medici della peste indossavano un lungo vestito di tela cerata, un largo cappello, e si equipaggiavano di un particolare bastone, utile per visitare i pazienti senza avvicinarsi.

L’attuale pandemia torna a ricordarci quanto l’uomo possa esser messo in crisi da nuovi e sempre più mutevoli aggressioni di virus e come la loro diffusione purtroppo riesca a stravolgere le relazioni sociali, la macro e micro economia, il mondo della politica e del diritto.

I medici oggi non hanno alcuna maschera a forma di becco, né operano con bastoni.

Sono invece la più importante risorsa di cui disponiamo per garantire la salute pubblica.

E mai come in questi giorni verifichiamo come la salute sia da anteporre a qualsiasi altro aspetto della vita umana.

La professione medica necessita del sostegno di tutti.

Vili e sconsiderate sono le campagne pubblicitarie che “qualcuno” ha attivato per speculare su presunti motivi di responsabilità medica durante questi giorni di pandemia.

Il voler trarre una ipotetica (quanto temeraria) fonte di lucro dallo stato di debolezza e di sofferenza presente in questi giorni in tutta Italia, addirittura facendo richiami a servizi offerti al cittadino in forma gratuita, rivela come i più infimi degli avvoltoi si celino dietro la razza umana.

Con una lettera del 26 marzo 2020 il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma ha espresso profonda vicinanza e sentita solidarietà della famiglia forense romana nei confronti di tutti i professionisti della sanità di Roma e Provincia, chiamati in questo momento a svolgere in prima linea il ruolo di tutela della salute pubblica, mettendo a repentaglio se stessi ed i propri congiunti per il ruolo svolto sul campo in maniera encomiabile.

Quando tutto sarà finito, sarà un orgoglio per tutti partecipare ai riconoscimenti di benemerenza che sicuramente la nostra Repubblica conferirà ai professionisti che giorno dopo giorno combattono contro il virus. Sarebbe ancor più motivo di orgoglio istituire una giornata in memoria.

Il giuramento di Ippocrate

Il personale medico ha diritto di essere ascoltato, di affermare la propria professionalità all’interno di strutture che ne valorizzino appieno le capacità e lo pongano nelle migliori condizioni di operare.

Per questo la sicurezza degli ambienti, i presìdi sanitari delle strutture ospedaliere, il rispetto costante dei protocolli, l’assenza di fonti indebite di stress e di storture burocratiche, il riconoscimento pieno delle voci retributive, rappresentano tutti diritti ineliminabili del professionista medico, che mai possono essere oggetto di compromesso.

Le analisi sullo stress lavoro-correlato hanno evidenziato che il personale medico subisca elementi di “rischio psico-sociale” connessi all’ambiente di lavoro, alla gestione della professione, alle modalità di esercizio della propria attività, coinvolgendo fattori di pericolo che vanno dalla sicurezza alla tutela della salute degli operatori.

I medici non sono soltanto lavoratori, sono donne ed uomini con una missione di vita.

Ma sono anche lavoratori.

Dunque, non venga mai meno la tutela dei loro diritti derivanti dall’esercizio della professione.

Turnazioni insostenibili, carenza di personale, caos amministrativo nel coordinare le urgenze, reperibilità infinita, contatti con elementi biologici e chimici ad alto rischio, ma anche possibili pericoli di subire aggressioni da parte dei parenti dei pazienti ricoverati ed in pronto soccorso.

Si tratta di elementi che in questi giorni di coronavirus vengono amplificati a dismisura, con particolare riguardo, per quanto alla gestione della quotidianità ospedaliera ed ambulatoriale, alle problematiche inerenti la prevenzione e la protezione del personale.

E’ qui che i medici vanno sostenuti, nel pieno ed indefettibile riconoscimento dei propri diritti.

S’intende concludere ricordando le parole del direttore del dipartimento emergenze dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Michael Ryan: “È responsabilità dei governi proteggere gli operatori sanitari in prima linea”.

Tutelare i diritti del medico significa prima di tutto salvaguardare la salute di tutta la comunità.

 

Un secondo solo …….     

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