Correva l’autunno del 2007, e durante un’audizione parlamentare, nell’illustrare un provvedimento del governo volto ad inserire agevolazioni fiscali per i contratti di locazione stipulati dai giovani, il ministro delle Finanze Tommaso Padoa Schioppa esclamò che l’intenzione, neppure troppo velata, era quella di svegliare la grande platea dei ragazzi maggiorenni ancora fermi nelle case dei propri genitori, definendoli “bamboccioni”.
La dichiarazione fece scalpore e dura fu la reazione di tanti ragazzi, molto critici perchè colpiti nel proprio orgoglio.
I tempi non sono affatto mutati, anzi…. ed il fenomeno dei “bamboccioni” maggiorenni dentro casa di mamma e papà è vissuto all’interno di tantissime famiglie italiane.
Ma i genitori hanno un obbligo giuridico di mantenere i loro figli maggiorenni?
L’art. 155-quinquies del codice civile, così come introdotto dalla legge 54 del 2006, ha stabilito che il giudice, valutate le circostanze, può disporre, in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, il pagamento di un assegno periodico.
Non è questo un obbligo esteso all’infinito, ma ha una durata “mutevole”, da valutarsi in base al singolo caso.
Certo è che questo obbligo rimane fermo sino a quando il mancato raggiungimento dell’autosufficienza economica da parte del figlio, purchè questo stato di non sufficienza economica non venga cagionato dalla negligenza del ragazzo, o comunque non dipenda da fatto imputabile al figlio.
Quindi, un genitore certo non verrà riconosciuto come obbligato al relativo assegno nel momento in cui il figlio maggiorenne, messo nelle condizioni di raggiungere l’autonomia economica da parte dei genitori, abbia ad esempio rifiutato, senza idonea giustificazione, un’offerta di lavoro concreta, oppure abbia dimostrato una colpevole inerzia, dilatando il suo percorso di studi universitari senza rendimento.
Esattamente al contrario, la condizione di indipendenza economica del figlio maggiorenne non può considerarsi raggiunto se costui non disponga di un impiego lavorativo tale da consentirgli un reddito corrispondente alla sua professionalità ed un’appropriata collocazione nel contesto economico-sociale di riferimento, adeguata alle sue attitudini ed aspirazioni (come ad esempio evidenziato dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 1773/2012).
Risulta univoco il pensiero dei Supremi Giudici in merito all’incentivare senz’altro le aspirazioni del figlio maggiorenne, il quale intenda intraprendere un percorso di studi per il raggiungimento di una migliore posizione ed una più elevata carriera; tali progetti di crescita, infatti, non fanno venir meno il dovere al mantenimento da parte dei genitori nei confronti del figlio (cfr. Cassazione Civile Sentenza n. 1779/2013).
Qualora ci si trovi dinanzi ad un procedimento giudiziale, volto ad accertare l’obbligo genitoriale di mantenere un figlio maggiorenne, l’onere di provare l’esonero dall’obbligazione spetta al genitore che contrasta la domanda del figlio; il genitore costituito secondo una linea difensiva oppositiva, dovrà dunque fornire la prova che il proprio figlio è ormai diventato autosufficiente, o comunque che il mancato svolgimento di un lavoro redditizio derivi da una ragione imputabile alla negligenza del figlio stesso (cfr., ad esempio, Cassazione Civile, Sentenza n. 11828/2009).