Il proprietario di un animale o chi se ne serve, risponde per i danni provocati dall’animali verso terze persone, anche nel caso in cui l’animale sia sfuggito o smarrito.
Nel rimandare al breve video qui sopra, inserito sul mio canale Youtube, sia questa l’occasione per riepilogare i presupposti necessari al risarcimento per danni provocati da un animale:
I) Nesso di causalità tra l’evento lesivo provocato dall’animale ed il danno subìto.
Il fatto deve essere attribuito ad una condotta propria dell’animale, quindi non risponderà ai sensi dell’art. 2052 cod. civ., colui che volontariamente provoca l’animale contro un’altra persona, al fine di cagionare un danno: in quest’ultima evenienza, il malizioso provocatore risponderà ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., per responsabilità aquiliana generale.
II) Proprietà dell’animale che provoca il danno, o “utilizzo” o “custodia” del medesimo.
Una lettura strettamente “letterale” del testo dell’art. 2052 cod. civ. potrebbe far apparire che la responsabilità sorga quando ci “si serve” dell’animale, ma non quando si abbia un mero rapporto di custodia.
In realtà, la norma si applica verso tutti coloro che hanno la custodia dell’animale e, in analogia a quanto già affermato per le cose in custodia, il riferimento va a qualsiasi soggetto che abbia un effettivo potere sull’animale; custode sarà quindi, non solo il proprietario ma anche, al suo posto, il possessore e finanche chi abbia un solo rapporto di fatto non qualificato giuridicamente.
III) Assenza di “prova liberatoria”, consistente nel caso fortuito
La responsabilità ex art. 2052 cod. civ. non sussiste se il proprietario/detentore/custode/utilizzatore fornisce la prova del caso fortuito, da intendersi come intervento di un fattore esterno idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta posta in essere dall’animale e l’evento lesivo. Volendo utilizzare un termine meno “tecnico”, il caso fortuito non è nient’altro che la “fatalità”.
Ad esempio, un evento atmosferico particolarmente eccezionale provoca la rottura di uno stallo dove alloggiava un animale; sta ovviamente al proprietario dimostrare che la recinzione era costruita a regola d’arte e che l’eccezionalità dell’evento naturale costituiva la causa esclusiva della liberazione dell’animale, tale da determinare la perdita del controllo sul medesimo.
Un caso del genere è stato trattato dalla Quarta Sezione Penale della Cassazione, laddove, con Sentenza n. 15713 del 2015, si è escluso che possa costituire caso fortuito, tale da escludere la responsabilità del padrone, il malfunzionamento di un cancello automatico, peraltro già rotto in altre occasioni, che aveva consentito ad un cane di uscire dal giardino di casa ed assalire due malcapitate persone; i Supremi Giudici hanno evidenziato che in questo caso è da escludersi la presenza di “un fattore causale sopravvenuto, concomitante o preesistente ed indipendente dalla condotta del soggetto” tale da rendere “eccezionalmente possibile il verificarsi di un evento, assolutamente non prevedibile e non evitabile” (unico caso che determinerebbe l’esimente voluta dalla legge).
Il caso fortuito ricomprende anche il fatto del terzo, o il fatto colposo dello stesso soggetto danneggiato, che si ponga in una relazione causale esclusiva o concorrente con la produzione del danno.