Immagine tratta dal film “Bianco Rosso e Verdone”, 20 febbraio 1981 (Italia), Regia Carlo Verdone; Produttore: Sergio Leone
E’ notissima la sequenza cinematografica nella quale un giovane Carlo Verdone, protagonista di “Bianco, Rosso e Verdone”, rompe l’olio su una pubblica strada di Roma ed entra nel panico, tra i commenti maliziosi dei passanti.
Ma se l’olio cade all’interno di un androne condominiale o sulle scale sempre del Condominio, si ha diritto al risarcimento?
Una recente pronuncia della Suprema Corte dà conforto alle azioni promosse da coloro i quali, loro malgrado, si ritrovano vittime di incidenti all’interno degli spazi condominiali, dovuti soprattutto a cadute accidentali: si tratta dell’Ordinanza n. 342 del 2020 resa dalla Sezione Sesta della Cassazione.
Il pronunciamento è molto interessante anche per comprendere come funziona il regime delle prove attraverso le “presunzioni” all’interno del nostro ordinamento.
Siano brevemente rammentati i fatti.
Un papà conveniva in giudizio un Condominio sito in Nocera Inferiore per ottenere il ristoro delle lesioni subite dal proprio figlio minore; quest’ultimo, mentre scendeva le scale del fabbricato condominiale, giunto in prossimità del portone di ingresso, a causa della presenza di una macchia di olio trasparente, cadeva rovinosamente in terra e riportava una frattura.
Si costituiva in giudizio il Condominio chiamando in manleva la propria Assicurazione, in virtù di polizza in vigore.
Costituitasi in giudizio, l’Assicurazione contestava la pretesa promossa dal papà del minore.
Il Giudice di Pace di Nocera Inferiore, all’esito di istruttoria, documentale e testimoniale, rigettava la pretesa risarcitoria ritenendo oltremodo oneroso addebitare all’organizzazione condominiale una sorveglianza assoluta sull’igiene delle aree comuni.
Avverso tale decisione il padre del minore proponeva appello davanti al Tribunale di Nocera Inferiore.
Nel frattempo gli anni trascorrevano e… il minore faceva in tempo a diventare maggiorenne (… sic!) tant’è che si costituiva in giudizio personalmente, in luogo del genitore esercente la responsabilità genitoriale.
Anche il Tribunale rigettava la domanda di risarcimento evidenziando che l’evento, verificatosi all’interno del fabbricato condominiale, andasse inquadrato nella fattispecie prevista e disciplinate dall’art. 2051 del codice civile, che così recita:
Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
Ebbene, deduceva il Tribunale in veste di giudice del gravame, il caso fortuito previsto dalla legge può consistere in un’alterazione dello stato dei luoghi imprevista e non tempestivamente eliminabile neppure con l’uso della ordinaria diligenza; nel caso di specie, verosimilmente la macchia di olio sarebbe stata lasciata da un soggetto che portava i rifiuti per la raccolta, senza che il Condominio avesse la possibilità di intervenire tempestivamente per rimuovere la situazione di pericolo. Pertanto, trattandosi di situazione cagionata da un terzo, ricorreva l’ipotesi di caso fortuito.
Contro suddetta decisione veniva proposto ricorso per cassazione.
Con il primo motivo si rilevava che al danneggiato spetterebbe la sola prova del nesso causale tra la cosa ed il danno, mentre incombeva al Condominio custode negare la riferibilità causale dell’evento dannoso alla cosa e, pertanto, sempre su quest’ultimo graverebbe anche la dimostrazione dell’inevitabilità ed imprevedibilità.
Al contrario, il giudice di merito avrebbe ritenuto eccezionale ed imprevedibile il mutamento dello stato dei luoghi a causa della presenza della macchia di olio, senza alcun riferimento al decorso del lasso di tempo, tra l’alterazione dello stato dei luoghi e l’evento lesivo. La sostanza oleosa avrebbe potuto tranquillamente essersi posata sulla pavimentazione alcune ore prima del fatto, divenendo così parte integrante della stessa.
Con il secondo motivo si lamentava che il giudice di appello avrebbe mal interpretato il disposto dell’art. 2727 del codice civile, riferito alle presunzioni (ossia le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato); ebbene, il Tribunale, nel valutare le prove, avrebbe violato i principi relativi al prudente apprezzamento e, in assenza di riscontro probatorio, avrebbe attribuito la determinazione dell’evento ad un terzo soggetto che avrebbe trasportato e depositato una busta di rifiuti di tipo umido vicino al portone condominiale, sebbene tale fatto sia una semplice supposizione astratta, non supportata dal ben che minimo sostegno fattuale.
In sostanza, il giudice di appello avrebbe immaginato la presenza di tale terzo soggetto senza il corredo di nessuna prova, neppure indiziale.
Al contrario, il Condominio avrebbe dovuto dimostrare che la sostanza oleosa era presente nell’androne condominiale da un lasso di tempo così breve da impedire un efficace intervento riparatore.
Dunque, il giudice di appello avrebbe giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, le quali non avrebbero mai accreditato la tesi dell’esistenza di un terzo soggetto che avrebbe percorso le scale condominiali pochi istanti prima dell’evento dannoso. Il giudizio di probabilità e di verosimiglianza sarebbe stato dedotto in violazione dell’art. 2727 del codice civile.
Mentre l’art. 2729 del codice civile consente di trarre da un fatto noto quello ignoto, non è consentito trarre da una presunzione un’ulteriore presunzione.
Violando tale principio, il giudice di appello avrebbe affermato che presumibilmente la macchia oleosa era stata la conseguenza del comportamento di una terza persona e da ciò avrebbe tratto l’ulteriore conseguenza della prossimità temporale, che non avrebbe consentito al Condominio di intervenire efficacemente, con ciò applicando una doppia presunzione non consentita dall’ordinamento.
La Cassazione dà piena ragione al ragionamento della parte ricorrente riformando la sentenza appellata.
Era il Condominio convenuto a dover fornire prova del caso fortuito e tale evenienza certo non poteva essere dedotta tramite una “doppia presunzione”.
Con maggior rigore, il Condominio avrebbe dovuto dimostrare che la macchia di olio era presente nell’androne condominiale da un lasso di tempo così breve da impedire un efficace intervento riparatore.
Circostanza, questa, del tutto elusa all’interno del processo.
Ne discende il pieno diritto in capo al soggetto danneggiato, ad essere integralmente risarcito, ai sensi dell’art. 2051 del codice civile.
Riprendendo l’immagine copertina del presente articolo, il Condominio non forniva la prova liberatoria riferita all’obbligo, sul medesimo incombente, di pulire immediatamente la macchia oleosa sul pavimento, o quantomeno circoscrivere la zona con l’apposizione di un cartello di allarme.