Renato Guttuso è stato per la pittura uno dei Maestri del Neorealismo italiano, spesso accostato a quello che è stato Roberto Rossellini per la cinematografia.
Il grande pittore novecentesco ha denunciato con le sue opere lo stato di oppressione delle classi più deboli della società, regalando emozioni dirette, d’impatto visivo incredibile.
Un po’ in parallelo rispetto ai mirabili dipinti più famosi, come ad esempio i Contadini al lavoro, la Fucilazione in campagna e la potentissima Crocifissione, negli ultimi trenta anni della propria vita il grande artista siciliano, trasferitosi in provincia di Varese, dava spazio anche a splendide raffigurazioni del paesaggio e della realtà lombarda.
E’ del 1967 l’opera stupenda denominata Balcone a Velate, al tramonto, nella quale il pittore si tratteggia sereno, sopra un terrazzo stupendo di una casa sita nel piccolo borgo del varesino, immerso in una visione boschiva, sopra la quale campeggia un orizzonte dalle tinte arancio, che fa eco al colore dell’interno della casa.
A mero titolo di curiosità, l’opera è in vendita presso una importante Casa d’Aste (qui il link) e la stima si aggira tra i centomila ed i centocinquantamila euro… Ma da profano riterrei che il valore intrinseco dell’opera possa esser di gran lunga maggiore.
E’ proprio da un terrazzo che trae origine la disputa giudiziaria posta all’attenzione della Cassazione pochi giorni orsono.
Più in particolare, la Suprema Corte con Ordinanza n. 18045 del 28 agosto 2020 (resa dalla Sezione Seconda Civile) ha deciso in merito all’impugnativa di un’assemblea condominiale, all’interno della quale si era deliberato in merito alla ripartizione dei lavori di riparazione di un terrazzo privato, posto alla sommità di uno stabile all’interno del quale erano presenti numerosi appartamenti.
La delibera assembleare aveva deciso di ripartire gli oneri di spesa tra i soli proprietari degli appartamenti sottostanti il terrazzo sul quale erano stati effettuati i lavori.
L’impugnativa dell’assemblea venne coltivata in primo e secondo grado da numerosi condòmini, mentre solamente un condòmino proseguì la sua battaglia in Cassazione.
I proprietari dissenzienti deducevano che l’edificio condominiale fosse costituito da quattro scale, in parte coperto da tetto ed in parte coperto da un lastrico solare (appunto, il terrazzo adibito ad uso esclusivo di un singolo condòmino).
Evidenziavano altresì i dissenzienti che per le spese del tetto non sussisteva un concetto di “condominio parziale” e le spese di manutenzione venivano attribuite a tutti i partecipanti al Condominio, ivi compresi quelli i cui appartamenti erano situati nella colonna d’aria sottostante al lastrico solare. Allo stesso modo, si pretendeva che le spese di manutenzione del lastrico fossero attribuite a tutti gli appartenenti allo stabile condominiale.
La Corte d’Appello di Roma respinse la domanda dei condòmini dissenzienti, facendo appello al dato dell’art. 1126 del codice civile:
Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico: gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.
I Supremi Giudici non fanno altro che confermare le statuizioni già rese dai giudici dell’appello.
Precisa la Cassazione che i tetti (salvo quelli che siano per titolo negoziale di proprietà esclusiva) rientrano, per la loro funzione necessaria all’uso collettivo, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell’articolo 1123 del codice civile.
Non si ricomprendono, invece, fra le cose comuni quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condòmini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’articolo 1123 secondo e terzo comma del codice civile.
La ripartizione delle spese di manutenzione proporzionate all’uso delle cose comuni o correlate all’utilità che se ne tragga non si giustifica, infatti, con riferimento a quelle parti, come appunto
il tetto (o la facciata), che costituiscono le strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato e che sono destinate a servire in maniera eguale ed indifferenziata le varie unità immobiliari dell’edificio.
Il lastrico solare di uso esclusivo costituisce, diversamente dal tetto, quella superficie terminale dell’edificio dotata di accessibilità ed adibita, quale accessorio, oltre che alla funzione di copertura, alla utilizzazione esclusiva di uno degli appartamenti in forza di diritto, di carattere reale o personale, che risulti dal titolo.
In ipotesi di lastrico solare di uso esclusivo trova perciò applicazione il regime sulle spese stabilito dall’art. 1126 del codice civile.
La disciplina posta da tale norma prevede, invero, ai fini del riparto delle spese di riparazione e ricostruzione, il presupposto applicativo della possibilità di uso esclusivo del lastrico solare (o della terrazza a livello), di tal che, se l’uso del lastrico o del terrazzo, anche se di proprietà esclusiva, non sia limitato ad uno o più titolari, ma sia comune a tutti i condomini, l’articolo 1126 non opererebbe.
Riportando tali evidenze al caso di specie, ben faceva la Corte d’Appello ad applicare l’articolo 1126.
Tale disposto, obbligando a partecipare alla spesa relativa alle riparazioni del lastrico solare di uso esclusivo, nella misura di due terzi, “tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve”, si riferisce a coloro ai quali appartengono unità immobiliari di proprietà individuale comprese nella proiezione verticale del manufatto da riparare o ricostruire, alle quali, pertanto, esso funge da copertura, con esclusione dei condomini ai cui appartamenti il lastrico stesso non sia sovrapposto.
L’obbligo di partecipare alla ripartizione dei cennati due terzi della spesa non deriva, quindi, dalla sola, generica, qualità di partecipante del condominio (come ipotizzavano i condòmini dissenzienti), ma dall’essere proprietario di un’unità immobiliare compresa nella colonna d’aria sottostante alla terrazza o al lastrico oggetto della riparazione.
Anche ad esempio le scale o gli impianti destinati a servire una parte del fabbricato, laddove comportino spese di manutenzione, determinando che il riparto degli oneri resti a carico del solo gruppo dei condòmini che ne trae utilità.
Un secondo solo ….…
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