Il diritto ad una frequentazione “tendenzialmente” paritaria tra genitori separati e figli minori

L’Ermitage di San Pietroburgo custodisce un dipinto molto suggestivo di San Giuseppe con il Bambino Gesù, realizzato nel 1635 da Guido Reni.

San Giuseppe di Guido Reni

L’opera fa trasparire in modo evidente il sincero amore paterno che il Santo prova per il neonato, colto peraltro in un atteggiamento amorevole e giocoso.

L’artista riesce a comunicare in modo mirabile tutta la premura e l’attenzione di Giuseppe nel portare avanti il Sacro compito che Dio gli aveva ha delegato sulla Terra.

Un dovere, quello di adempiere al ruolo di padre, ma anche un diritto, riconosciuto formalmente dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, laddove si statuisce che ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare.

L’evoluzione sociale e le dinamiche dei rapporti nella famiglia stanno progressivamente smussando interpretazioni quanto mai “vetuste” della paternità in caso di crisi della coppia.

Non senza “marce indietro” poco felici, i tribunali italiani si muovono verso una valorizzazione dell’effettività dell’affido condiviso, concretizzandone i principi dal punto di vista della gestione quotidiana della vita dei minori da parte della madre e del padre separati.

In questo senso, una recentissima Ordinanza della Suprema Corte, datata 17 settembre 2020, resa dalla Prima Sezione Civile (numero 19323), si sforza nel cristallizzare principi indefettibili in materia di affido della prole.

Sia anzitutto dato rilievo alla “pars costruens” di questa pronuncia: sebbene in un inciso ed a mo’ di premessa, i Giudici di Piazza Cavour riconoscono esplicitamente che in tema di affido condiviso, in mancanza di serie ragioni ostative, va dato seguito ad una una frequentazione tra genitori e figli minori tendenzialmente paritaria, la cui significatività non deve esser vanificata da sterili frammentazioni.

Tuttavia, avuto riguardo al caso di specie, le conclusioni cui è pervenuta la Cassazione tendono verso un’interpretazione meno “aperta” rispetto alla declaratoria di principio, considerando oggettive difficoltà nella vita relazionale del minore.

Siano brevemente ripercorsi i fatti.

Un padre separato ricorreva per cassazione avverso Decreto della Corte d’appello di Genova, con si modificavano parzialmente le disposizioni di affido condiviso già adottate in primo grado, circa tempi e modi della presenza del figlio minore presso il padre (genitore non collocatario).

Nella specie la Corte d’Appello, a rettifica delle disposizioni del Tribunale, che prevedevano che il minore trascorresse tutti i fine settimana con il padre e la giornata di mercoledì, statuiva che il bambino trascorresse fine settimana alternati con la madre e che il padre, nelle settimane in cui non avrebbe avuto con sé il figlio, poteva tenere con sé il bambino due giorni infasettimanali, il martedì ed il giovedì.

In particolare il padre ricorrente lamentava la mancata considerazione, da parte dei giudici d’appello, del criterio della bigenitorialità, quale modello di regolamentazione del rapporto tra genitori e figli; obiettava altresì che l’affidamento condiviso postulasse la determinazione di tempi di frequentazione in misura tendenzialmente paritetica rispetto a quelli di permanenza presso il genitore collocatario.

Il ricorso non veniva accolto dai Supremi Giudici.

Costoro anzitutto evidenziavano che in tema di affidamento, il criterio fondamentale, cui deve attenersi il giudice, è costituito dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, il quale, imponendo di privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore, richiede un giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo, con particolare riguardo alla capacità di relazione affettiva, nonché mediante l’apprezzamento della personalità del genitore.

In coerenza con questa premessa, la regola dell’affidamento condiviso si rivela la scelta tendenzialmente preferenziale onde garantire il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, tanto che, avendo in tal modo dimostrato il legislatore di ritenere che l’affidamento condiviso costituisca il regime ordinario della condizione filiale nella crisi della famiglia, la sua derogabilità, non consentita neppure in caso di grave conflittualità tra i genitori, risulta possibile solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore” (cfr. Cassazione Sezione Prima Civile Sentenza n. 977 del 17 gennaio 2017).

E tuttavia, continuano i Supremi Giudici, pur in questa impostazione che privilegia una sostanziale continuità della responsabilità genitoriale nella comune condivisione dei doveri di curare, istruire, educare ed assistere moralmente la prole che fanno capo ad entrambi i genitori anche dopo la disgregazione dell’unità familiare, la regola in parola, contrariamente a quanto postulava il padre ricorrente nel caso di specie, non è foriera di alcun automatismo sul piano della concreta regolazione dei relativi rapporti.

In tal senso, viene richiamata ulteriore recente Ordinanza (la numero 3652 del 2020) con la quale la Sezione Prima già evidenziava che in tema di affido condiviso del minore, la regolamentazione dei rapporti con il genitore non convivente non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dall’esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all’esplicazione del loro ruolo educativo.

Dunque, se è vero che la condivisione, in mancanza di serie ragioni ostative, deve comportare una frequentazione dei genitori tendenzialmente paritaria (ed è questo il principio di diritto, finalmente affermato in modo esplicito), la cui significatività non sia vanificata da frammentazioni, è altrettanto vero che nell’interesse del minore, in presenza di serie ragioni (ad esempio, come nel caso di specie, ove la distanza esistente fra i luoghi di vita dei genitori imponga al minore di sopportare tempi e sacrifici di viaggio tali da comprometterne gli studi, il riposo e la vita di relazione), il giudice può individuare un assetto nella frequentazione che si discosti da questo principio tendenziale al fine di assicurare al bambino la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena (pur essendo comunque necessario un rigoroso controllo sulle “restrizioni supplementari”, ovvero quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, di cui all’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, onde scongiurare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età ed uno dei genitori).

Vistosi rigettare la propria richiesta di “ritorno” ad un regime più esteso nelle tempistiche di frequentazione, il padre ricorrente si vedeva soccombente anche nell’ulteriore istanza volta a cancellare l’obbligo di previsione dell’assegno di mantenimento per il figlio minore.

Istanza, quest’ultima, che il padre ricorrente fondava sulla circostanza che il regime di affido condiviso avrebbe comportato oneri paritari di pagamento delle spese per il minore, in base alle tempistiche di frequenza.

La Suprema Corte riprende a tal riguardo l’insegnamento già espresso in tema di affidamento condiviso dei figli minori, che non elimina l’obbligo patrimoniale di uno dei genitori di contribuire alle esigenze di vita dei primi mediante la corresponsione di un assegno di mantenimento.

Peraltro, l’affido condiviso neppure implica, come sua conseguenza “automatica”, che ciascuno dei due genitori debba provvedere paritariamente, in modo diretto ed autonomo, alle predette esigenze dei figli; infatti, il contributo diretto da parte di ciascuno dei genitori non costituisce la regola come conseguenza diretta dell’affidamento condiviso, risultando al riguardo conferita al giudice un’ampia discrezionalità.

Un secondo solo ….…     

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