No affittacamere nè bed &breakfast se il regolamento condominiale vieta attività commerciali

Nel 1957 lo straordinario pittore newyorkese Edward Hopper realizzava l’opera “Western Hotel“, nella quale l’attenzione è subito rapita da una donna, seduta a bordo di un letto di un motel tipico statunitense, mentre sullo sfondo è ritratta un’ampia vetrata dalla quale emerge un’automobile verde, parcheggiata appena davanti la finestra, probabilmente di proprietà della signora.

La donna volge lo sguardo verso lo spettatore in modo costante e sicuro, ponendolo al centro dell’attenzione.

E’ proprio lo spettatore colui che viene atteso dalla signora per far ingresso anch’egli all’interno della stanza dell’albergo: lo spettatore è “nel” quadro.

Western Motel di Hopper

Lo scorso anno quest’opera ha avuto un seguito molto grande in quanto il Virginia Museum of Fine Arts di Richmond ha proposto ai visitatori la possibilità di entrare materialmente nel quadro di Hopper, per poter soggiornare e pernottare una notte intera, in quella che veniva realizzata come una perfetta riproduzione della stanza d’albergo ritratta dall’artista.

dormire nel quadro

Iniziativa, questa, che ha dato ancor più l’idea dell’intenzione di Hopper di immergere lo spettatore, tramite il suo dipinto, all’interno dell’opera d’arte.

Nel mondo del diritto è molto dibattuta la possibilità di predisporre stanze in affitto ad uso di soggiorno temporaneo, all’interno di un palazzo condominiale.

Si tratta del fenomeno dei numerosissimi bed and breakfast ed affittacamere privati, che sono strutturati dentro condomìni privati.

La Cassazione si è occupata lo scorso 7 ottobre della problematica.

Un Condominio di un palazzo romano sito in un quartiere del centro, chiamava in giudizio i proprietari dell’appartamento e la società conduttrice dello stesso, denunciando che quest’ultima svolgesse, in tale unità abitativa, un’attività alberghiera non autorizzata ed in violazione del regolamento condominiale.

Chiedeva dunque il Condominio la cessazione di suddetta attività ed il risarcimento del danno.

Le doglianze dell’attore venivano accolte sia in primo, sia in secondo grado.

In particolare, la Corte di Appello di Roma osservava che:

a) la regolarità amministrativa dell’attività svolta nell’unità abitativa, in quanto autorizzata dal Comune di Roma, non rilevava nei rapporti fra i condomini e loro aventi causa;

b) l’attività di affittacamere svolta dalla società conduttrice non è attività alberghiera, ma è comunque attività commerciale, esplicantesi a scopo di lucro da parte di società di capitali mediante la prestazione sul mercato di alloggio dietro corrispettivo per periodi più o meno brevi; come tale è senz’altro in contrasto con il regolamento condominiale, essendo tale destinazione commerciale incompatibile con l’uso abitativo ed espressamente vietata;

c) l’esercizio nell’edificio condominiale di altre attività analoghe (Bed & Breakfast, affittacamere) non escludeva la sussistenza del riscontrato distinto illecito;

d) il locatore, in base al regolamento condominiale, era responsabile in solido con il conduttore per la cessazione dell’attività vietata;

e) era infine infondata anche la domanda di manleva svolta dalla proprietà verso la società conduttrice (difesa, questa, tentata dalle parti locatrici per svincolarsi dal processo), in quanto l’attività di affittacamere era espressamente consentita in base al contratto di locazione.

Ritenendo iniqua la Sentenza d’appello, la proprietà sottoponeva il caso alla Suprema Corte.

Quest’ultima deliberava con Ordinanza 21562 del 7 ottobre 2020, a firma della Sezione Seconda Civile.

I Giudici di legittimità anzitutto rilevavano la piena legittimità ad agire in capo all’amministratore del Condominio senza specifica delibera assembleare.

Ciò in quanto viene in considerazione una controversia riguardante il rispetto del regolamento condominiale, che rientra certamente nell’ambito delle controversie previste da tali norme: come già evidenziato in un precedente arresto, l’amministratore di condominio, essendo tenuto a curare l’osservanza del regolamento di condominio (art. 1130, primo comma, n. 1, c.c.), è legittimato ad agire e a resistere in giudizio per ottenere che un condomino non adibisca la propria unità immobiliare ad attività vietata dal regolamento condominiale contrattuale (nella specie, bar ristorante), senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare assunta con la maggioranza prevista dall’art. 1136, secondo comma, c.c., la quale è richiesta soltanto per le liti attive e passive esorbitanti dalle incombenze proprie dell’amministratore stesso” (cfr. Cassazione Sentenza n. 21841/2010).

Nel merito, risultano le argomentazioni dei Supremi Giudici allorquando verificano il dato letterale del regolamento condominiale, che così esplicitamente recita:

“gli appartamenti potranno essere destinati esclusivamente a civili abitazioni, studi o gabinetti professionali, restando espressamente vietati destinazioni e uso ad esercizio o ufficio industriale o commerciale, a uffici pubblici, dispensari sanatori, case di salute di qualsiasi genere, gabinetti per cure di malattie infettive, contagiose o ripugnanti, ad agenzie di qualunque specie, a ufficio depositi di pompe funebri, a ufficio di collocamento, ristoranti, cinematografi, magazzini, scuole di qualunque specie, chiese, accademie..”

Ebbene, ciò che rende l’attività ricompresa fra le attività vietate è il suo caratterizzarsi quale attività commerciale, assimilabile a quella alberghiera, esplicantesi a scopo di lucro da parte di società di capitali mediante la prestazione sul mercato di alloggio dietro corrispettivo per periodi più o meno brevi.

Una simile attività è in contrasto con il regolamento di Condominio essendo tale destinazione commerciale incompatibile con l’uso abitativo ed espressamente vietata.

Precisa ulteriormente la Corte che l’assimilazione dell’attività di affittacamere a quella imprenditoriale alberghiera è coerente con la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale tale attività, pur differenziandosi da quella alberghiera per sue modeste dimensioni, presenta natura a quest’ultima analoga, comportando, non diversamente da un albergo, un’attività imprenditoriale,
un’azienda ed il contatto diretto con il pubblico; essa, infatti, richiede non solo la cessione in godimento del locale ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua, ecc.), ma anche la prestazione di servizi personali, quali il riassetto del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno (cfr. Cassazione, Sentenza n. 704/2015).

Ne discendeva una totale reiezione del ricorso proposto dalla proprietà.

Un secondo solo ….…     

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