Il Maestro Sergio Ceccotti, sublime artista romano contemporaneo, regala mirabili visioni di contesti abitativi urbani raffigurati nella loro semplice quotidianità, donando loro una capacità percettiva per così dire “parallela”, che va ben oltre la struttura fungibile e la forma asettica, fino a raggiungere vette d’introspezione psicologica.
Inquietudini, misteri, illusioni e sensazioni stranianti si rivelano a mano a mano dall’ordinarietà delle architetture dei palazzi condominiali, delle strade cittadine, dei particolari metropolitani tra i più ordinari, asettici e transeunti, che, tuttavia, grazie al mirabile genio dell’artista, vengono scomposti nella mente dello spettatore, scoprendo, nella semplicità del contesto urbano, un’ottima chiave per poter dischiudere ignoti “cassetti” della psiche.
Il contesto metropolitano, nello specifico la vita condominiale, viene interessato da plurimi interventi della magistratura, soprattutto nel momento in cui si manifesta un danno in capo ad una proprietà, in ragione di un evento lesivo colposo o doloso.
Entrando in medias res, un Condominio di Agrigento è stato protagonista di un contenzioso definito lo scorso 15 gennaio 2021 dalla Sezione Sesta Civile della Cassazione (con Ordinanza numero 659).
Un proprietario di appartamento fece causa al proprio Condominio rivendicando il cosiddetto “danno figurativo“, per non aver potuto concedere in locazione, o comunque fruire del proprio immobile per lunghi mesi, in ragione di difetti di manutenzione imputabili al palazzo condominiale.
Eccepiva la parte istante l’impossibilità di poter conseguire l’utilità, generalmente ricavabile dalla propria unità immobiliare, in relazione alla natura normalmente fruttifera della stessa.
Ebbene, il proprietario dell’appartamento “incriminato” giungeva a ricorrere davanti ai Supremi Giudici perché nei primi due gradi di giudizio non erano state ammesse le prove testimoniali richieste, fondando la reiezione dell’istruttoria orale su argomentazioni quali la mancata indicazione dell’associazione sportiva offerente locataria dell’immobile.
In tal senso, la Cassazione evidenziava che tale rigetto della richiesta di prova testimoniale non incideva sull’esaustività della prova testimoniale richiesta, avendo il ricorrente indicato, sin dal primo grado di giudizio, le generalità dei testi che chiedeva fossero escussi.
Nè alcuna obiezione veniva fatta dai giudici di merito avuto riguardo alla rilevanza della prova richiesta.
Infatti, il sindacato del Tribunale e della Corte d’Appello si era spinto sino all’affermazione che, anche a ritenere ammissibile la prova con i testimoni indicati, essa non avrebbe avuto ragionevoli possibilità di condurre all’accoglimento della domanda, a causa di una riferita non idoneità dell’immobile a consentire una qualsivoglia attività associativa e finanche ad essere destinato a parcheggio di autovetture.
L’affermazione dei giudici di merito, in breve, andava a concretizzarsi con l’affermazione di esclusione della rilevanza della prova testimoniale, richiesta ritualmente dalla parte istante sin dal primo atto difensivo, a negare all’attore la stessa sussistenza del diritto al cosiddetto danno “figurativo”, e cioè al valore locativo del cespite usurpato, desunto in via equitativa e presuntiva dai canoni di contratti di locazione di immobili analoghi nella stessa zona.
In tal modo, tuttavia, i giudici di merito disconoscevano quanto ampiamente dedotto dalla Suprema Corte in circostanze analoghe: nel caso di occupazione illegittima di un immobile, infatti, il danno subito dal proprietario deve considerarsi “in re ipsa“, discendendo dalla perdita della disponibilità del bene, la cui natura è normalmente fruttifera, e dalla impossibilità di conseguire l’utilità da esso ricavabile.
Ed analoga alla fattispecie dell’occupazione illegittima dell’appartamento era senz’altro l’ipotesi di non accessibilità dell’appartamento per uno stato manutentivo delle parti condominiali che non ne consentiva la regolare fruizione.
L’opera di quantificazione del danno figurativo costituisce una presunzione “iuris tantum” e la liquidazione può essere operata dal giudice sulla base di presunzioni semplici, quali il valore locativo del bene usurpato.
Deve ritenersi dato proprio della comune esperienza la circostanza che l’immobile, se fosse stato libero da problemi manutentivi dovuti alle parti condominiali, sarebbe stato oggetto di un utilizzo redditizio da parte del legittimo proprietario.
Sia chiaro: il danno figurativo non deve esser ritenuto esistente “a prescindere”.
Gli oneri di allegazione del processo civile impongono sempre la prova dell’effettiva lesione del diritto vantato.
Tuttavia, il danno figurativo può dirsi provato “in re ipsa” in quanto richiede un mero ricorso ad un ragionamento di carattere presuntivo, essendo, appunto, parametrabile al valore locativo dell’immobile, sulla base delle stime correnti di mercato nella zona considerata.
Tornando al caso definito dai Supremi Giudici lo scorso 15 gennaio, avendo i giudici di merito del tutto eluso le richieste del ricorrente dal punto di vista istruttorio, la causa veniva rinviata nuovamente alla Corte d’Appello, al fine di attenersi a nuove valutazioni, fedeli alle indicazioni dettate dalla Cassazione.
Un secondo solo ….…
Se vuoi il mio Studio è a disposizione per un primo contatto informale su WhatsApp!
CLICCA QUI E SCRIVIMI CON WHATSAPP
oppure chiama al 328.7343487
Se vuoi restare aggiornato su tanti temi giuridici, sociali, legati anche al mondo della storia, del costume e della società, vai sul mio canale youtube, ed ISCRIVITI!
Vola a questo link: