In caso di successione con plurimi eredi, non può essere esclusa l’ipotesi in cui un coerede possa, prima della divisione, usucapire la quota di eredità ipoteticamente spettante agli altri coeredi.
Senza che sia necessaria l’interversione del titolo del possesso, il coerede che usucapisce l’intera proprietà procede attraverso l’estensione del possesso in termini di esclusività, qualora riesca a dimostrare non solo che gli altri eredi si siano astenuti dall’uso della cosa, ma anche che il coerede rivendicante il bene per l’intero, ne abbia goduto in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui, tanto da da evidenziare una inequivocabile volontà di possedere “uti dominus” e non più “uti condominus”.
Invero il coerede, che è già compossessore “animo proprio” ed a titolo di comproprietà, non è tenuto ad un mutamento del titolo, ma solo ad una estensione dei limiti del suo possesso.
Ad esempio, la situazione di un appartamento in relazione al quale uno solo dei coeredi ha cambiato le chiavi e custodito per sé soltanto la possibilità di accesso e di godimento, evidenzia una fattispecie in relazione alla quale si può supporre non solo l’astensione, da parte degli altri coeredi, dall’utilizzo del bene immobile, ma anche l’impossibilità per gli stessi di poterne fruire, senza rivendicare, per ipotesi, l’apertura forzosa dell’appartamento tramite un’azione di rivendica.
Non c’è in questo caso un’interversione del titolo del possesso, poiché il coerede che mantiene in via esclusiva il godimento del bene ne fruisce sempre “uti dominus”; tuttavia, sussiste un’estensione del godimento, che non è più a titolo parziale, ma a titolo esclusivo.
In tale evenienza, ben può essere rivendicato l’usucapione della quota parte di immobile teoricamente spettante agli altri coeredi.
L’erede comproprietario ed unico possessore usucapisce l’appartamento utilizzandolo e godendolo in via esclusiva per 20 anni consecutivi, senza che gli altri coeredi intraprendano azioni per riappropriarsene.
Decisiva risulta, durante il ventennio di vigenza del possesso esclusivo, l’azione sul bene come se si fosse l’esclusivo proprietario: bisogna cioè compiere degli atti che solo il titolare dell’immobile in via esclusiva potrebbe compiere (come l’installazione di un allarme o la realizzazione di lavori di ristrutturazione).
Così la Cassazione: “la perdita del compossesso di un bene ereditario da parte di un coerede non detentore – il quale acquista tale compossesso pro indiviso senza necessità di un atto di materiale apprensione – può verificarsi solo quando un altro coerede compia un atto diretto all’apprensione ed occupazione esclusiva del bene, idoneo a mutare l’originario compossesso in possesso esclusivo. Pertanto, correttamente è esclusa la configurabilità dello spoglio nel rifiuto del compossessore detentore di consegnare al compossessore non detentore un esemplare delle chiavi dell’immobile costituente il bene ereditario, in quanto tale rifiuto non muta la situazione di compossesso dell’immobile in precedenza esistente” (Cassazione Civile Sezione II, Sent. n. 2745/1982; conf. Sezione II Sent. n. 7221/2009).
[…] Se ne è già parlato qui: https://avvocatoroma.news/2018/10/18/il-coerede-puo-usucapire-il-bene-oggetto-della-successione-a-di… […]
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