Per Europa godere, in bue cangiossi
Giove, che di chiavarla avea desio;
e la sua deità posta in oblio,
in più bestiali forme trasformossi
Così Pietro Aretino nella metà del Sedicesimo Secolo celebrava le gioie del sesso, sublimate anche (e soprattutto) dal re di tutti gli dei antichi.
Gli faceva eco in pittura Giulio Romano, che nell’opera Due Amanti, capolavoro del 1524 custodito all’Hermitage di San Pietroburgo, tratteggiava l’intimità ed il desiderio di due giovani, spiati maliziosamente da un’anziana signora.
Come ce la passiamo in questi giorni con il sesso?
Dire in una stessa frase “norme di contenimento” e “libertà sessuale” può sembrare un’antinomia irriducibile, se la propria sessualità coinvolge la socialità, la movimentazione, la frequentazione, restando anni luce lontana dall’intimità propria del focolare domestico e dai contesti coniugali, o comunque dal concetto di “affetto stabile” fatto proprio dal Governo.
In tanti hanno imparato a memoria, meglio del Cinque Maggio manzoniano durante gli anni scolastici, l’articolo 1 lettera “a” del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che attualmente regolamenta gli spostamenti consentiti agli individui, o meglio, che attualmente fa concessioni minimali ai vincoli, pesanti come macigni, imposti alle libertà individuali di ognuno.
Ripetiamo, devoti, il precetto a noi tanto familiare in questa “fase due”:
sono consentiti solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute e si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti purché venga rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di almeno un metro e vengano utilizzate protezioni delle vie respiratorie; in ogni caso, è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in una regione diversa rispetto a quella in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; è in ogni caso consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza
Il Governo consente, nella sua munifica ed illuminata “benevolenza”, gli spostamenti per incontrare esclusivamente i propri congiunti, che vanno interpretati come spostamenti “giustificati per necessità”.
Ancora il Governo raccomanda fortemente di limitare al massimo gli incontri con persone non conviventi, poiché questo aumenta il rischio di contagio. Ad ogni modo, in occasione di questi incontri la normativa impone il divieto di assembramento, il distanziamento interpersonale di almeno un metro e l’obbligo di usare le mascherine per la protezione delle vie respiratorie.
Elementi, questi, che ovviamente non si conciliano con forme di socialità neppure abbozzate, men che meno con la libertà sessuale di ogni individuo.
Chi scrive ha già parlato di diritto al sesso in un suo precedente intervento (qui il relativo link); ma in questa sede s’intende ulteriormente allargare il campo della riflessione.
L’individuo è libero nella sua sessualità?
Ovviamente laddove ciò non contrasti con buoncostume, eventualmente ordine pubblico ed altrettanto ovviamente laddove sussista il consenso del proprio partner sessuale?
Oggi questa libertà è fortemente compromessa. E’ un dato di fatto oggettivo.
Il primo precetto fatto proprio dalla nostra Costituzione, dopo la declaratoria solenne dell’articolo 1, è quello contenuto nel successivo articolo 2, laddove si sancisce che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
Essendo la sessualità una degli essenziali modi di espressione della persona umana, il diritto di disporne liberamente è senza dubbio un diritto soggettivo assoluto, che va ricompreso tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione ed inquadrato tra i diritti inviolabili della persona umana che l’art. 2 della Costituzione, appunto, impone di garantire.
A parlare non è lo scrivente, ma la Corte Costituzionale, nell’arcinota sentenza del 18 dicembre 1987 n. 561.
La sessualità è prima di tutto un diritto proprio di ciascun individuo, inteso come persona singola.
Un diritto che vive “di riflesso”, in simbiosi con un’altra persona.
Ma sempre un diritto del singolo.
Rinnovando ancora lungo i giorni i vincoli di un “lockdown” allentato, ma sempre presente, l’ordinamento pone un cappio al collo dell’individuo, laddove la propria sessualità non possa estrinsecarsi in una relazione con un “affetto stabile”, che abbia l’attuale dimora nella medesima Regione.
Fino a quanto potremo anteporre le esigenze di sicurezza sanitaria, di precauzione e di contrasto alla diffusione di un virus, rispetto alla libera esternazione della propria persona?
La bomba può esplodere se protratta ancora sine die.
E’ di oggi un’intervista del Presidente della Regione Liguria, il quale, riferendo ai microfoni di Radio 24 di una valutazione del Ministro degli Affari Regionali, ha così riportato ai giornalisti:
“Sulla riapertura della mobilità interregionale il ministro Boccia ci ha detto ‘prendiamoci ancora una settimana prima di cominciare una valutazione’, certamente non riaprirà il 18 maggio, forse il 25 maggio, più probabile il primo giugno”.
Peraltro, il Ministro ha subito precisato che questa apertura ci sarebbe solo per “aree a basso rischio”.
Se il contenimento resta ammissibile perché misura temporanea e contingente, questa temporaneità e questa contingenza iniziano a soffocare in modo troppo palese la libertà di ognuno.