Quando al mantenimento del bambino… deve pensarci il nonno?

E’ di estremo rilievo una pronuncia della Suprema Corte appena pubblicata, che tratta del diritto al mantenimento dei minori, in relazione al quale l’onere di corresponsione grava in via sussidiaria alla figura dei nonni, ovviamente in subordine rispetto agli obblighi genitoriali.

Con Ordinanza del 14 luglio 2020 (numero 14951) la Sezione Prima della Cassazione ha trattato la domanda di un nonno (ascendente paterno), il quale veniva condannato dal Tribunale di Perugia a pagare un assegno di euro 130,00 mensili in favore del proprio nipote (nelle mani della di lui madre), quale contributo al mantenimento del bambino.

La pronuncia veniva confermata anche dalla Corte di Appello di Perugia.

Eccepiva il nonno davanti ai Supremi Giudici che la madre non avrebbe mai dimostrato lo stato di bisogno e, tanto meno, l’incapacità di provvedere da sola ai bisogni primari del figlio, considerato che ella lavora stabilmente e convive col minore presso i suoi genitori. Sempre il nonno deduceva che il padre prestasse servizio come addetto accoglienza clienti presso una società privata. Concludeva dunque per escludere l’obbligo di compartecipazione al mantenimento del bambino.

I Giudici di Piazza Cavour verificavano come nella fattispecie la situazione economica della madre, che guadagna circa 1.100 euro mensili, venisse ritenuta non sufficiente a far fronte alle esigenze del minore, essendo quest’ultimo affetto anche da una patologia che necessitava di onerose terapie riabilitative, e ciò pur tenendo conto del contributo economico che comunque assicuravano i nonni materni, con i quali la donna abita.

Inoltre veniva dato atto che la madre avesse documentato l’impossibilità di riscuotere il mantenimento da parte del padre, il quale non aveva mai versato alcun assegno per il contributo al mantenimento del figlio. Suddetto accertamento, inerendo il merito, certo non poteva essere nuovamente sindacato davanti ai Giudici di legittimità, dunque andava acquisito come fatto processuale intangibile.

Tali circostanze inducevano la Cassazione a confermare l’obbligo di compartecipazione in capo al nonno paterno.

Vero è che il mantenimento per i figli minori, ai sensi dell’art. 148 del codice civile, spetta primariamente ed integralmente ad i loro genitori, sicché, se uno dei due non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l’altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sostanze patrimoniali e sfruttando tutte la propria capacità di lavoro, salva la possibilità di convenire in giudizio l’inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle condizioni economiche globali di costui.

Altrettanto vero è che l’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinchè possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli (che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori) è subordinato rispetto a quello primario dei genitori.

Dunque, non si può dire consentito rivolgersi ai nonni solo perché uno dei genitori non fornisca il proprio contributo, ove l’altro genitore sia in grado di mantenere la prole.

Tuttavia, laddove si verifichi la situazione contingente (come nel caso trattato dai Supremi Giudici, gravato anche da una malattia del bambino per la quale sono necessarie costanti terapie), il primario obbligo genitoriale va affiancato all’obbligo sussidiario degli ascendenti, con indagine di merito non sindacabile in sede di legittimità.

Un secondo solo ….…     

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