Il mutuo, come stabilito dall’articolo 1813 del codice civile, è il contratto con cui una parte consegna una determinata quantità di danaro o di cose fungibili all’altra parte, e quest’ultima si impegna alla restituzione di tali cose di medesima specie e qualità, maggiorate dagli interessi nel caso di mutuo a titolo oneroso.
Il mutuo di scopo è una sottocategoria di mutuo, nella quale l’importo erogato dal mutuante viene corrisposto al fine di perseguire una determinata finalità del mutuatario.
Nel mutuo di scopo legale tale finalità è decisa dalla legge (ad esempio i finanziamenti agevolati in base ad una normativa “ad hoc”, come quella che regolamenta i prestiti per l’apertura di nuove imprese da parte dei giovani); invece, nel mutuo di scopo convenzionale la finalità è decisa dalle parti contraenti con un’apposita “clausola di destinazione” (ad esempio, i mutui bancari a a medio o lungo termine, erogati per l’estinzione progressiva di un’esposizione debitoria tramite un piano di rientro).
Il mancato perseguimento dello scopo previsto dalle parti determina la nullità del mutuo.
La giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente chiarito che il mutuo di scopo risponde alla funzione di procurare al mutuatario i mezzi economici destinati al raggiungimento di una determinata finalità, comune al finanziatore, la quale, integrando la struttura del negozio, ne amplia la causa rispetto alla sua normale consistenza, sia in relazione al profilo strutturale, perché il mutuatario non si obbliga solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo concordato, mediante l’attuazione in concreto del programma negoziale, sia in relazione al profilo funzionale, perché nel sinallagma assume rilievo essenziale proprio l’impegno del mutuatario a realizzare la prestazione attuativa.
La destinazione delle somme mutuate alla finalità programmata assurge pertanto a componente imprescindibile del regolamento di interessi concordato, incidendo sulla causa del contratto fino a coinvolgere direttamente l’interesse dell’istituto finanziatore, ed è perciò l’impegno del mutuatario a realizzare tale destinazione che assume rilevanza corrispettiva, non essendo invece indispensabile che il richiamato interesse del finanziatore sia bilanciato in termini sinallagmatici, oltre che con la corresponsione della somma mutuata, anche mediante il riconoscimento di un tasso di interesse agevolato al mutuatario.
Sulla natura del mutuo di scopo è nuovamente intervenuta la Suprema Corte, nello specifico la Sezione Seconda Civile, con Sentenza 20552 del 29 settembre 2020.
I giudici di Piazza Cavour hanno evidenziato che nel mutuo di scopo, sia esso legale o convenzionale, la destinazione delle somme mutuate entra nella struttura del negozio connotandone il profilo causale, sicché la nullità di un tale contratto per mancanza di causa sussiste solo se quella destinazione non sia rispettata.
Al contrario, è irrilevante che sia attuata prima o dopo l’erogazione del finanziamento.
La pronuncia de qua ribadisce principi già giurisprudenzialmente espressi: dal momento che l’importo del prestito viene corrisposto per un suo utilizzo esclusivo per lo scopo convenuto tra le parti, va escluso che i contraenti abbiano la successiva libertà di destinare in via convenzionale la somma in modo diverso (ad esempio, per saldare pregressi debiti contratti dal mutuatario con altre banche).
Allorquando il mutuo di scopo venga stipulato con l’intesa, tra la banca erogatrice e la persona del mutuatario, dell’impiego della provvista per una diversa finalità, il contratto è nullo in radice e tale nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse.