Jan Steen era un pittore seicentesco olandese, molto abile nel ritrarre scene di vita borghese e popolana con tratti sinceri e lievi, proprio come lo scorrere della quotidianità fiamminga dal medesimo riprodotta.
E’ particolarmente suggestiva l’opera “Visita del Medico” datata 1662 e custodita al Wellington Museum di Londra, una tematica che era molto a cuore all’autore in quanto oggetto di ulteriori mirabili sue tele.
L’attenzione va soprattutto alle sottigliezze delle espressioni facciali dei protagonisti del quadro, la signora “malata” che tuttavia non appare così grave ma quasi annoiata da una vita monotona, la salace smorfia del dottore rivolta alla collaboratrice familiare, ed il viso (almeno apparentemente) preoccupato di quest’ultima, intenta a sua volta a portare un’ampolla forse di acqua per rianimare la padrona.
Nel frattempo, il bambino gioca ai piedi degli adulti “indaffarati” senza curarsi di loro, il cagnolino se ne resta tranquillo sul suo cuscino morbido, e probabilmente il padrone di casa, anch’egli per nulla inquieto per il malore della donna, se ne resta a lavorare alle sue “sudate carte”. Magari quell’indisposizione è solo indice di un imminente lieto evento…
Traslando il lavoro del medico su lidi ben diversi, appaiono fondamentali al giorno d’oggi, in sede di partecipazione ai pubblici concorsi, le valutazioni delle commissioni mediche nominate per valutare l’idoneità psicofisica dei candidati.
Un’attività, questa, particolarmente delicata, perché è strettamente legata al destino di un partecipante al concorso ed al buon esito della progressione dello stesso all’interno della procedura preselettiva.
Non v’è dubbio che le valutazioni effettuate in sede di accertamento dei requisiti psico-fisici e attitudinali ai fini della partecipazione a procedure concorsuali costituiscono tipica manifestazione di discrezionalità tecnica-amministrativa, quindi non ammettano sindacato giurisdizionale nel merito della discrezionalità stessa.
Tuttavia, le stesse non sfuggono al sindacato giurisdizionale, laddove sono ravvisabili macroscopici travisamenti di fatto ed illogicità clamorose.
Il travisamento dei fatti si realizza quando la pubblica amministrazione, nel dar corpo ad un proprio atto, ritiene erroneamente l’esistenza di una situazione di fatto che in realtà non esiste oppure, al contrario, ritiene l’insussistenza di una situazione che in realtà effettivamente esiste.
Il travisamento dei fatti non permette alla P.A. di rappresentare in modo corretto le evidenze fattuali, e quindi potrebbe non consentire che vengano applicate in modo giusto le norme rispetto alla fattispecie concreta.
Il travisamento dei fatti, quando è intenzionale, è il sintomo dell’essersi l’agente lasciato condurre da interessi non conformi a quelli da cui per legge avrebbe dovuto lasciarsi guidare; ma può derivare anche da una mancata diligenza o trascuratezza o errore d’interpretazione nella verifica delle evidenze sottoposte all’esame dell’agente stesso.
In tali casi, dietro al travisamento dei fatti si scorge un eccesso di potere consistente nell’utilizzo, da parte della P.A., di una tipologia legalmente scorretta di valutazione tecnica.
I candidati a concorsi pubblici che si ritengono ingiustamente esclusi in conseguenza di valutazioni di commissioni mediche erronee, possono dunque sollevare davanti all’Autorità amministrativa il vizio dell’agire della P.A., perché operante in eccesso di potere.
Il Consiglio di Stato in numerose pronunce ha trattato di questa figura sintomatica.
Recentissima è la Sentenza n. 6252 del 15 ottobre 2020, resa dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale.
I Giudici di Palazzo Spada evidenziano anzitutto che le valutazioni delle Commissioni tecniche in ordine ai requisiti fisici per il reclutamento:
a) sono espressione di discrezionalità tecnica che non può essere superata da pareri “pro veritate” di segno contrario;
b) sono sindacabili solo ove affette da macroscopici vizi di legittimità;
c) per loro natura sono irripetibili e non surrogabili con esami svolti presso strutture estranee all’Amministrazione (non dotate delle specifiche competenze del settore e non provviste della necessaria strumentazione), sia per la generale riserva delle valutazioni tecnico-discrezionali in punto di idoneità all’arruolamento, a favore delle preposte strutture, sia per la tutela della “par condicio” fra gli aspiranti;
d) sono soggette al principio “tempus regit actum”, per cui eventuali risultanze di segno difforme rese in epoca successiva non valgono ad inficiare l’attendibilità del dato tecnico reso dalla Commissione all’uopo preposta.
Tuttavia, laddove siano superate suddette preclusioni, l’attività della P.A. non può certo trasmodare nell’eccesso di potere; vizio, questo, che si manifesta, nella specificità della figura sintomatica, laddove sussistano le seguenti specifiche circostanze:
a) l’erroneità della valutazione medica inerisca un profilo fisico sanitario rilevante e specifico, per cause naturali e con un riscontro antitetico rivelato in un brevissimo lasso di tempo;
b) esiste una sovrapposizione temporale tra l’accertamento della Commissione concorsuale, gli accertamenti antitetici effettuati dal ricorrente e gli accertamenti poi eseguiti in sede di verificazione per ordine dell’Autorità amministrativa;
c) emerge la notevole differenza nella misurazione tra l’accertamento concorsuale e l’accertamento del verificatore;
d) al contrario, emerge una minima differenza (o inesistente differenza) tra la la misurazione effettuata dal verificatore e quella risultante dagli accertamenti depositati dall’interessato, così che può ragionevolmente desumersi che la rilevazione di millimetri di dismetria sia più rispondente al vero.
Indici, quelli appena sopra evidenziati, che impongono il reinserimento del candidato iniquamente escluso per inidoneità psicofisiche in realtà inesistenti.