Il risarcimento del pedone investito: il conducente del veicolo ha (quasi) sempre torto

Giurisprudenza univoca della Suprema Corte è intervenuta in modo fermo nelle ipotesi di risarcimento danni conseguenziali ad investimento di un pedone su pubblica strada.

In tali casi, la responsabilità del guidatore dell’autovettura non viene mai esclusa, se non quando si riesca a fornire la prova che al momento dell’incidente non vi fosse, da parte del conducente del veicolo, alcuna possibilità di prevenire l’investimento.

Circostanza, quest’ultima, sussistente nel momento in cui il pedone abbia tenuto un comportamento di carattere “imprevedibile” ed “anormale”, in ragione del quale il conducente del veicolo investitore sia stato oggettivamente in grado di poterlo avvistare con tempestivo preavviso, verificandone i movimenti sulla strada.

In tal senso, può soccorrere il dettato dell’art. 1227 del codice civile, che statuisce quanto appresso: “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza”.

Questa disposizione in parte attenua il valore precettivo del primo comma dell’art. 2054 del codice civile, secondo il quale ogni conducente di autoveicolo sia obbligato a risarcire il danno da circolazione stradale, se non fornisce la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Sarà necessario provare che la condotta del pedone, nell’atto di attraversare la strada, si poneva in modo del tutto atipico, eccezionale ed imprevedibile.

incidenti stradali

Così la Suprema Corte: “… in caso di investimento di pedone, la responsabilità del conducente prevista dall’art. 2054 c.c. è esclusa quando risulti provato che non vi era, da parte di quest’ultimo, alcuna possibilità di prevenire l’evento, situazione, questa, ricorrente allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile e anormale, sicché l’automobilista si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti” (Cassazione Civile Sezione Terza, Sentenza n. 9683/2011).

Va ulteriormente precisato che anche nell’ipotesi in cui l’automobilista vada ad impegnare un incrocio semaforico, regolamentato in quel frangente da “luce verde” a suo favore, permane in ogni caso, a carico del guidatore, un obbligo di diligenza nella condotta di guida, che deve tradursi nella necessaria cautela richiesta dalla comune prudenza e dalle concrete condizioni esistenti in quello specifico incrocio semaforico.

Ciò perché eventuali trasgressioni, da parte del pedone, della normativa del codice della strada, non sono di per sé sufficienti per escludere la responsabilità dell’automobilista investitore: quando verifica la presenza di pedoni sulla carreggiata stradale, il conducente di autoveicolo deve decelerare ed, eventualmente, anche arrestare la propria marcia, al fine di scongiurare inavvertenze, sempre possibili, da parte di un pedone frettoloso ed improvvido.

La possibilità che si attraversi la strada in modo repentino e “veloce”, è un tipico rischio che la Cassazione fa rientrare nel concetto di “normale prevedibilità“.

Gli automobilisti hanno sempre il dovere di verificare le azioni imprudenti dei pedoni: anche nel caso in cui essi per ipotesi violino le norme del Codice della Strada (ad esempio attraversando con luce rossa, o al di fuori delle strisce pedonali o senza cautela nell’attraversamento), in caso di incidente il guidatore verrà comunque ritenuto responsabile, per di più dovendo rispondere del reato di lesioni personali colpose.

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