Investimento di pedone ubriaco… di chi è la colpa?

Arthur Schopenhauer evidenziava mestamente che “nessuno si è mai veramente sentito felice nel presente, a meno che non fosse ubriaco”, e florida è l’arte nel regalare esempi di vere e proprie esaltazioni dell’ubriachezza.

Nel 1629, all’interno dell’opera Trionfo di Bacco custodita al Prado, il pittore Diego Velazquez calava nella propria quotidianità gli effetti del Dio del vino, immergendolo in un contesto popolano, accolto con gioiosa allegria da personaggi tipici delle osterie spagnole del Diciassettesimo Secolo.

Velazquez, Trionfo di Bacco

Gli effetti del vino, però, possono condurre a dolorosi episodi di sangue, soprattutto se dopo la bevuta ristoratrice ci si incammina, sprovveduti, sulle strade di gran percorrenza.

Più volte la Cassazione si è occupata di casi di pedoni investiti in stato di ubriachezza.

In questo mio precedente intervento ho avuto modo di evidenziare le oggettive difficoltà che incontra il soggetto investitore nell’ottenere un esonero da responsabilità verso un pedone investito.

Osservavo, però, che nel caso in cui il pedone abbia tenuto un comportamento di carattere “imprevedibile” ed “anormale”, in ragione del quale l’investitore non sia stato oggettivamente in grado di poterlo avvistare con tempestivo preavviso, la responsabilità dell’investitore verrebbe meno.

A tal riguardo, sia aggiunto che lo stato di ebbrezza riscontrata in capo al pedone ha determinato, in numerose pronunce della Suprema Corte, l’attribuzione di gran parte della responsabilità del verificarsi dell’evento lesivo in capo all’infortunato.

Ciò proprio perché l’imprevedibilità e l’anormalità della condotta del pedone sono state spesso interpretate come indici di inevitabilità oggettiva dell’evento, tali da escludere la presunzione di colpa del conducente della macchina prevista dall’articolo 2054 comma I del codice civile.

Addirittura, con la recente Ordinanza n. 17985 del 28 agosto 2020, la Sezione Sesta Civile della Cassazione ha escluso una compartecipazione, seppur minimale, nella causazione dell’incidente, in capo al soggetto investitore.

Siano brevemente verificati i contenuti di quest’ultima pronuncia.

I ricorrenti agivano davanti ai Supremi Giudici nella qualità di parenti del soggetto investito, purtroppo rimasto ucciso da un plurimo investimento che lo vedeva coinvolto, in stato di ebbrezza, quale vittima di più scontri intercorsi con autovetture che sopraggiungevano sulla strada.

I familiari del de cuius deducevano un mancato accertamento del nesso causale da parte del giudice d’appello, in relazione alla condotta del primo investitore; quest’ultimo, stando alle argomentazioni dei ricorrenti, “si sarebbe disinteressato di avvertire o segnalare agli altri automobilisti la presenza dell’investito sulla carreggiata”, di qui l’invocata responsabilità del primo investitore.

La Suprema Corte rilevava come il motivo fosse complessivamente privo di adeguata specificità, limitandosi a riportare ampi brani delle sentenze di merito, ma senza indicare adeguatamente il punto saliente della sentenza di appello in cui sarebbe ravvisabile la erronea applicazione o interpretazione della norma di diritto.

Osservavano ancora i Supremi Giudici, quasi rimproverando l’impostazione difensiva assunta, che le doglianze dei ricorrenti avrebbero dovuto porre l’attenzione sull’aspetto saliente della controversia, in relazione, in particolare, al primo urto intercorso tra il corpo del pedone infortunato e l’autovettura del primo investitore.

Più nello specifico, nulla veniva eccepito in merito all’accertamento, da parte dei giudici di merito, circa la prevedibilità della presenza del pedone sulla carreggiata e circa l’evitabilità dell’investimento.

Prevedibilità ed evitabilità che costituivano, appunto, i discrimini fondanti l’indagine circa le effettive responsabilità.

A tal riguardo i giudici di Piazza Cavour richiamavano una precedente Ordinanza, resa dalla Sezione Terza Civile in data 17 gennaio 2020 e rubricata al numero 842.

In quest’ultima evenienza vennero indagate in modo circostanziato la prevedibilità e l’evitabilità dell’evento, concludendo per il totale esonero di responsabilità in capo al soggetto investitore: il pedone, infatti, si trovava seduto in mezzo alla carreggiata, in piena notte, in strada poco illuminata; inoltre l’accertamento circa l’inevitabilità dell’urto appariva completo.

Facendo proprie tali declaratorie, la Sezione Sesta non poteva non evidenziare come i motivi di doglianza sottoposti al proprio esame non miravano a riconsiderare i concetti di “prevedibilità” e di “evitabilità”.

Veniva ulteriormente evidenziato che il concetto di presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore, previsto dall’articolo 2054 primo comma del codice civile, non operi in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondato sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, e, dunque, non preclude, anche nel caso in cui il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione, l’indagine sull’imprudenza e pericolosità della condotta del pedone investito.

Si rilevava, infine, che il ricorso ometteva di considerare il passaggio motivazionale della sentenza d’appello, circa lo stato di evidente ebrezza in cui si trovava il pedone circa un’ora prima di essere investito, con la conseguenza che il ragionamento del giudice di merito, circa l’evidente imprevedibilità della condotta dello stesso investito, in guisa tale da escludere la concomitanza di altre e diverse cause dell’esito mortale dell’incidente, non risultava in alcun modo incrinato dall’unico motivo all’esame dei Supremi Giudici.

Ne derivava l’integrale reiezione del ricorso.

 

Un secondo solo ….…     

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