E’ di qualche giorno fa un’importante pronuncia della Sezione Lavoro della Cassazione, all’interno della quale i Supremi Giudici hanno ritenuto illegittimo il comportamento dell’impresa datrice di lavoro (nella specie, Poste Italiane), che ha proceduto ad irrogare il licenziamento (per giustificato motivo oggettivo) di un proprio dipendente, non consentendo a quest’ultimo di interrompere il periodo di malattia con un periodo di godimento delle ferie.
Più in particolare, con la Sentenza n. 27392 del 29.10.2018, si è statuito che è consentita la condotta di un lavoratore, il quale proceda utilizzando le ferie per interrompere il periodo di comporto.
L’atto espulsivo irrogato è stato ritenuto illegittimo in quanto l’azienda non aveva motivato a sufficienza il diniego alla concessione delle ferie.
E’ vero che il datore di lavoro non può esser ritenuto obbligato ad accogliere “a prescindere” qualsiasi richiesta di ferie che sia formalizzata in modo tempestivo dal dipendente, essendo la scelta datoriale rimessa ad una valutazione d’impresa, legata ad equilibrare esigenze contrapposte: da un lato, i bisogni dell’impresa, dall’altro lato, il godimento di un periodo di riposo da parte del lavoratore (così come costituzionalmente protetto).
E’ altrettanto vero, però, che al fine di evitare il licenziamento, e quindi la perdita del posto di lavoro, solo esigenze effettive e concrete possono, in ossequio alle clausole generali di buona fede e correttezza, giustificare un diniego alle ferie da parte del datore di lavoro, così da far prevalere l’interesse aziendale all’interesse del lavoratore di godere di giorni di ferie, scongiurando in tal modo la maturazione del periodo di comporto, ossia del periodo massimo consentito ad un lavoratore durante il quale egli ha diritto alla conservazione del posto di lavoro, nonostante l’esecuzione della prestazione sia sospesa per fatto inerente alla sua persona.
In tale contesto la Cassazione aveva già affermato il principio secondo il quale ogni lavoratore subordinato che sia assente per malattia ed impossibilitato a riprendere servizio, può evitare la perdita del posto di lavoro a seguito dell’esaurimento del periodo di comporto, tramite una tempestiva richiesta di fruizione delle ferie.
Valutando il fondamentale interesse del dipendente al mantenimento del posto di lavoro, la Cassazione ha inteso superare il principio di incompatibilità tra godimento delle ferie e vigenza dello stato di malattia: non può certo dirsi che il lavoratore abbia sempre diritto ad ottenere le ferie sostituendole alla malattia “in itinere”, ma è importante che il datore di lavoro, qualora neghi questo diritto ad “agganciare” le ferie alla malattia, motivi in maniera oggettiva il proprio rifiuto, considerando il principio di tutela del posto di lavoro, quale valore da presidiare perché costituzionalmente protetto.

Così i Supremi Giudici, con Sentenza n. 8372 del 2018: “Come affermato da questa Corte in numerosi arresti, il lavoratore assente per malattia e ulteriormente impossibilitato a riprendere servizio, non ha, invero, l’incondizionata facoltà di sostituire alla malattia il godimento di ferie maturate quale titolo della sua assenza, allo scopo di bloccare il decorso del periodo di comporto, anche se il datore di lavoro, nell’esercizio del suo diritto alla determinazione del tempo delle ferie, dovendo attenersi alla direttiva dell’armonizzazione delle esigenze aziendali e degli interessi del datore di lavoro (art. 2109 cod. civ.), è tenuto, in presenza di una richiesta del lavoratore di imputare a ferie un’assenza per malattia, a prendere in debita considerazione il fondamentale interesse del richiedente ad evitare la perdita del posto di lavoro a seguito della scadenza del periodo di comporto (con l’onere, in caso di mancato accoglimento della richiesta, di dimostrarne i motivi (vedi Cass. 8/11/2000 n. 14490, Cass. 27/2/2003 n. 3028, Cass. 22/3/2005 n. 6143 e numerose altre)”.