I giorni di “lockdown” hanno visto una crescita esponenziale dei fenomeni di ingiuria e diffamazione tramite social network e chat internet.
Se nel 1961 l’artista Piero Manzoni celebrava la “merde d’artiste” per dissacrare il commercio delle opere d’arte, capace di premiare anche realizzazioni molto criticabili, indipendentemente dal loro valore intrinseco, cosa mai si può dire dell’attività dei tanti “leoni” da tastiera odierna e della loro così “profonda” umanità?
La meschinità e la bassezza morale di coloro i quali si lasciano andare a body shaming, atti di cyberbullismo, sexting, revenge porn, insulti e frasi di scherno a mezzo internet, sono indice di una decadenza sociale verso un baratro, il cui punto più profondo si sposta sempre più verso il basso.
Sia anzitutto evidenziato che l’insulto sui social network integra il reato di diffamazione aggravata dalla diffusione ad un determinato numero di utenti.
Inoltre, il body shaming, anche laddove non sussista un’ingiuria esplicita, merita senz’altro la repressione, sia penale (in quanto palese è la denigrazione verso il pubblico) sia civile, con l’azione di doveroso risarcimento dei danni subiti.
Quanto al cyberbullismo, la legge n. 27/2017 ne ha previsto e tutelato le fattispecie di nocumento che si verificano a carico dei minori vittima di tale fenomeno, nel quale vengono ricomprese le pressioni, le aggressioni, le molestie, i ricatti, le ingiurie, i furti d’identità, la messa in ridicolo, gli abusi compiuti verso i minori.
E’ possibile chiedere al provider od al gestore del social network, l’immediato oscuramento del messaggio di bullismo diffuso dall’autore; se non si provvede spontaneamente entro 24 ore, la vittima si può rivolgere al Garante per la tutela della privacy.
Ma cyberbullismo può essere posto in essere anche nei confronti di persone adulte, tramite la condivisione di fotografie private, insulti su gruppi di whatsapp o di facebook, invio di immagini “photoshoppate” al fine di deridere una persona, dar seguito ad attività di sexting (ossia la trasmissione di foto sessualmente esplicite, fattispecie, questa, definita “revenge porn” se si tratta di fotografie della propria fidanzata o del proprio fidanzato, che vengono diffuse con la finalità di “vendicarsi”).
Non sono infrequenti allarmanti vicende di cyberbullismo anche nei confronti di docenti, i quali si vedono vittima di attacchi, ingiurie, atti di derisione a mezzo internet, anche all’interno delle “camere virtuali” che vengono aperte per dar seguito alle videolezioni.
E’ bene rammentare, al riguardo, il disposto dell’art.2048 del codice civile, che sanziona il padre e la madre, il tutore del minore o del soggetto tutelato, per il danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati, o dalle persone soggette alla loro tutela, che coabitano con i medesimi.