Una rovinosa caduta su di un vialetto di un cimitero comunale da parte di una sfortunata signora di Giugliano in Campania, oggetto di un recentissimo intervento della Suprema Corte, mi permette di omaggiare il lavoro sognante e carico di simbolismi del pittore ottocentesco Arnold Böcklin di Basilea: egli realizzò una serie di cinque dipinti denominati tutti L’Isola dei Morti, che traevano origine da un lavoro commissionato da un ricco committente.
Ebbene, all’esito della realizzazione del quadro, il pittore rimase stregato dalla propria opera, tanto che non se ne voleva separare, incredibilmente sedotto dalla misticismo e dalle sensazioni trascendenti che il quadro gli infondeva.
Ben presto la fama del quadro mosse numerosi committenti a chiedere la realizzazione di un lavoro analogo all’artista; lo stesso Gabriele D’Annunzio venne raggiunto dalla nomea dei lavori di Böcklin e volle far realizzare una copia del dipinto per sé, oltre a far cingere la propria villa, sita sul Lago di Garda, di enormi cipressi, in grado di rievocare le atmosfere metafisiche tratteggiate dal sublime artista svizzero.
(la versione cui rendo omaggio in copertina è del 1883 ed è oggi custodita a Berlino presso la Alte Nationalgalerie)
Si trattava di un fascino indelebile che le ambientazioni cimiteriali e, con esse, la tematica della morte hanno sempre infuso nell’essere umano.
Si pensi al patrimonio letterario inglese, così intriso di malinconia, di quiete e di ammaliante seduzione promanante dalle tematiche dell’aldilà; e si pensi a grandissimi autori italiani, come ad esempio Ugo Foscolo e il suo capolavoro I Sepolcri.
Tornando doverosamente al mondo del diritto, lo scorso 20 novembre 2020 la Sezione Terza della Cassazione si è pronunciata, appunto, con Sentenza numero 26524 sul contenzioso promosso da una signora, che citò in giudizio l’amministrazione comunale, per sentirla condannare al risarcimento dei danni conseguenti alle lesioni che ella aveva riportato cadendo nell’ avvallamento di un vialetto del cimitero comunale (non segnalato e non visibile, a causa della presenza di persone che la precedevano).
I primi due gradi di merito videro la donna soccombente in entrambi i casi, essendosi formata la convinzione che doveva escludersi che l’anomalia del fondo stradale (avente dimensioni di circa due metri di lunghezza e venti centimetri di profondità) non fosse tempestivamente avvistabile e pertanto prevenibile ed evitabile da parte dell’attrice, e che il delineato comportamento colposo dell’utente danneggiato esclude la responsabilità della p.a., integrando il cd. caso fortuito – comprensivo del fatto del terzo e della colpa esclusiva della vittima – che interromperebbe il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno.
L’infortunata si rivolgeva ai Supremi Giudici denunciando la violazione dell’articolo 2051 del codice civile: premesso che la condotta della vittima può valere ad integrare caso fortuito idoneo ad escludere la responsabilità del custode, la ricorrente rilevava che sarebbe stato onere del Comune di Giugliano, per esimersi dalla presunzione di responsabilità ex art. 2051 c.c. provare il caso fortuito, da intendersi, secondo la nozione comune in giurisprudenza, un evento del tutto imprevedibile, eccezionale, inevitabile ed imprevenibile, tale da interrompere il nesso di causalità tra la cosa custodita e l’evento lesivo.
Rilevava altresì la donna che Comune non avesse fornito alcuna prova circa l’imprevedibilità e la non prevenibilità dell’evento lesivo, tali da configurare il “caso fortuito”, atteso che l’avvallamento costituiva oggettivamente ed intrinsecamente uno stato di pericolosità tale da causare un evento lesivo prevedibile per l’utente e che poteva essere prevenuto, se solo l’amministrazione comunale fosse intervenuta per eliminare lo stato di pericolosità dei luoghi già in atto da diversi anni.
Evidenziava quindi la ricorrente che i giudici di merito avessero travisato il significato di “caso fortuito” cristallizzandosi solo sulla condotta della danneggiata ed astenendosi da un’indagine valutativa in merito alla prevedibilità della condotta della vittima da parte del custode.
La Suprema Corte diede ragione alla vittima dell’incidente.
Nella Sentenza impugnata si aderiva erroneamente ad una nozione di caso fortuito che si identifica con l’accertamento della condotta colposa del danneggiato, senza tener conto della necessità di verificare se detta condotta presentasse anche i requisiti della non prevedibilità e non prevenibilità da parte del custode.
E’ noto che la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che la condotta della vittima del danno causato da una cosa in custodia può escludere la responsabilità del custode solo ove sia colposa ed imprevedibile, ossia quando essa, rivelandosi come autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, risulti dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell’evento lesivo, giacché l’idoneità ad interrompere il nesso causale può essere riconosciuta solo ad un fattore estraneo avente carattere di imprevedibilità ed eccezionalità.
Certo non si può negare che il comportamento del danneggiato possa assumere incidenza causale tale da interrompere il nesso di causalità tra la cosa oggetto di custodia ed il danno.
In tal senso, l’articolo 1227 del codice civile ammonisce:
Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.
Tuttavia, la condotta imprudente, negligente, imperita della vittima dell’incidente non è sufficiente per escludere la responsabilità dell’ente custode, quando quando lo stesso comportamento del danneggiato costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile, secondo un criterio probabilistico di regolarità.
Deve pertanto ritenersi che, ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l’agire umano, non basti a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno la condotta colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa.
Un conto è parlare di “negligenza” semplice della vittima.
Un altro conto è parlare di “imprevedibilità” e “non prevenibilità” della condotta della vittima stessa.
Una volta accertata una condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima del danno da cose in custodia, ciò non basta di per sé ad escludere la responsabilità del custode.
Questa è infatti esclusa dal caso fortuito, ed il caso fortuito è un evento che “praevideri non potest“.
L’esclusione della responsabilità del custode, pertanto, quando viene eccepita dal custode l’esistenza di una condotta colpevole in capo alla persona del danneggiato, esige un duplice accertamento:
(a) che la vittima abbia tenuto una condotta negligente;
(b) che quella condotta non fosse prevedibile.
In questo senso, i Supremi Giudici richiamano un precedente loro arresto, laddove si era stabilito che la mera disattenzione della vittima non necessariamente integra il caso fortuito per i fini di cui all’art. 2051 del codice civile, in quanto il custode, per superare la presunzione di colpa a proprio carico, è tenuto a dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee a prevenire i danni derivanti dalla cosa (cfr. Sentenza resa dalla Sezione Terza Civile e rubricata al numero 13222 del 27 giugno 2016).
La condotta della vittima d’un danno da cosa in custodia può dirsi imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata.
Stabilire se una certa condotta della vittima d’un danno arrecato da cose affidate alla custodia altrui fosse prevedibile o imprevedibile è un giudizio di fatto, come tale riservato al giudice di merito: ma il giudice di merito non può astenersi dal compierlo, limitandosi a prendere in esame soltanto la natura colposa della condotta della vittima.
Nel caso specifico della caduta di pedone in una buca stradale, non può evidentemente sostenersi che la stessa sia imprevedibile (rientrando nel notorio che la buca possa determinare la caduta del passante) e imprevenibile (sussistendo, di norma, la possibilità di rimuovere la buca o, almeno, di segnalarla adeguatamente); deve allora ritenersi che il mero rilievo di una condotta colposa del danneggiato non sia idoneo a interrompere il nesso causale, che è manifestamente insito nel fatto stesso che la caduta sia originata dalla (prevedibile e prevenibile) interazione fra la condizione pericolosa della cosa e l’agire umano.
Ciò non significa, tuttavia, che la colpa della vittima – ancorché inidonea ad integrare il caso fortuito – non possa rivestire rilevanza ai fini risarcitori; ma ciò deve avvenire sotto il diverso profilo dell’accertamento del concorso colposo del danneggiato, valutabile – ai sensi dell’art. 1227 del codice civile – sia nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate (ex art. 1227, comma I), sia nel senso della negazione del risarcimento per i danni che l’attore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (ex art. 1227, comma II), fatta salva, nel secondo caso, la necessità di un’espressa eccezione della controparte.
Concludono i Supremi Giudici pronunciando il seguente principio di diritto, cui dovrà attenersi il Giudice del rinvio:
In ambito di responsabilità da cose in custodia, ex art. 2051 c.c., nel caso di caduta di pedone in una buca stradale non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell’esclusione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227, comma I o comma II c.c.), richiedendosi, per l’integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno.
Un secondo solo ….…
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