La diffusione delle foto e dei video pubblicati sui social network. Limiti e sanzioni

Si possono utilizzare le altrui fotografie pubblicate sui più noti social network?

Chi è il detentore delle foto e dei video inseriti su un social network come Facebook, Instagram, Twitter, Pinterest e tutti gli altri canali social attuali?

Ne parlo in questo video, pubblicato sul mio canale YouTube

Pubblicare un contenuto non significa perderne il diritto alla proprietà intellettuale. Tanto meno può essere perduto il diritto d’autore.

Il diritto d’autore appartiene per sempre all’autore dell’immagine e del video, non può essere oggetto di compravendita o di cessione alcuna.

Il diritto alla proprietà intellettuale costituisce, invece, il diritto di esporre l’immagine, di usarla a propria discrezione, nel rispetto delle leggi vigenti. Tale diritto può essere oggetto di trasferimento.

Tutte le foto e tutti video personali non vengono affatto ceduti per un libero ed indiscriminato utilizzo, rimanendo di esclusiva proprietà di colui che effettua la pubblicazione.

A tal riguardo soccorre il disposto dell’art. 96 della Legge sulla protezione del diritto d’autore, numero 633 del 1941, che statuisce che il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le eccezioni tassativamente previste dalla legge.

Certo è che, facendo uso del social network, si acconsente acchè i contenuti inseriti sul proprio profilo possano essere utilizzati in via non esclusiva dalla società titolare del social network.

Anzi, va detto che accettando le regole dei più famosi social network, si accetta non solo la licenza di sfruttamento in capo alla società che gestisce il sito, ma anche la sub-cessione di tale utilizzo, in “sottolicenza” ad altri soggetti.

Si osservi il social network Facebook: pubblicando delle fotografie o delle riproduzioni video personali, si autorizza implicitamente che gli stessi possano esser condivisi da altri utenti, utilizzando la funzione specifica denominata “condividi”, che appunto fa richiamo della fonte originaria del contenuto multimediale.

Condividendo un contenuto multimediale altrui, sul proprio diario viene indicato anche il richiamo al profilo originale che per primo ha inserito il contenuto.

Se invece se procedesse con un download di un’immagine altrui e la successiva pubblicazione priva di richiami, di fatto si darebbe seguito ad una condotta appropriativa di un diritto di proprietà intellettuale altrui.

In tal senso, il social network Instagram non consente la condivisione dell’immagine, che può essere acquisita solo tramite uno “screen-shot” da smartphone o da pc, oppure con programmi di terze parti, come ad esempio “InstaRepost for Instagram”; tuttavia, in qualsiasi caso di “repost”, questo va effettuato quanto meno citando la fonte (inserendo il nome del profilo originario preceduto dal simbolo “@”), o, meglio ancora, chiedendo esplicitamente il consenso per iscritto dell’autore, soprattutto per le fotografie che riportano persone, in primo piano o comunque ben individuabili.

Come evidenziato con la nota sentenza 12076 del 2015 della Sezione Nona Civile del Tribunale di Roma, la pubblicazione di una fotografia nella pagina personale di Facebook, in mancanza di prove contrarie, costituisce una presunzione grave, precisa e concordante della titolarità dei diritti fotografici in capo al titolare delle pagine nelle quali le stesse sono pubblicate.

La possibilità di utilizzo delle informazioni pubblicate con impostazione pubblica sul social network non costituisce licenza generalizzata di utilizzo e di sfruttamento dei contenuti coperti da diritti di proprietà intellettuale in favore di qualunque terzo che accede alla pagina Facebook.

Al contrario, la libertà di utilizzo riguarda esclusivamente le informazioni e non i contenuti coperti da diritti di proprietà intellettuale.

In merito alla prova della titolarità delle immagini immesse su una pagina di social network, ai sensi della Legge 633 del 1941, è lecita la riproduzione delle fotografie quando il riproduttore non è in grado o non può conoscere con l’ordinaria diligenza il nome del titolare dei diritti cui chiedere l’autorizzazione alla pubblicazione e a cui corrispondere il compenso.

Infatti, il nome dell’autore dello scatto fotografico e la data dell’anno di effettuazione della fotografia, laddove inseriti sulla stessa foto sono requisiti che consentono la certezza dell’abusività della riproduzione da parte di terzi, perché effettuata in mancanza dell’autorizzazione del fotografo (come specificato dagli articoli 91 e 98 della Legge 633).

I requisiti di certezza dell’origine e della data vengono integrati dalle filigrane digitali, i cosiddetti “watermarks”.

Si ponga attenzione: il Codice della privacy (Decreto Legislativo 196 del 2003) all’art. 167 prevede il reato di trattamento illecito di dati personali avvenuto attraverso la pubblicazione non autorizzata di immagini su internet.

La pubblicazione di fotografie altrui costituisce altresì un illecito civile, sia in mancanza di consenso alla pubblicazione, sia laddove il soggetto ritratto aveva prestato consenso ma la pubblicazione ha arrecato pregiudizio alla persona ripresa, al suo onore, alla sua reputazione o al suo decoro.

L’articolo 10 del codice civile vieta infatti l’esposizione o la pubblicazione non consentita dell’immagine di una persona e la divulgazione lesiva del decoro o della reputazione del soggetto ritratto.

Il soggetto leso potrà richiedere il ristoro del danno patrimoniale, cioè il pregiudizio economico subito per effetto della pubblicazione, e del danno non patrimoniale, ovvero il pregiudizio morale di cui la persona abbia risentito per effetto della pubblicazione.

Qualora, invece, la fotografia non abbia arrecato un danno circostanziato al soggetto ripreso, ma comunque sia stata oggetto di pubblicazione senza consenso, il titolare dell’immagine ha diritto a vedersi corrispondere il cosiddetto “prezzo del consenso”, cioè il corrispettivo della volontaria concessione del diritto di pubblicare la fotografia che lo ritrae. Suddetta somma è determinata in via equitativa dal tribunale, soprattutto nel caso in cui non si stia parlando di immagini di persone famose, in relazione alle quali è invece possibile parametrare lo sfruttamento della fotografia su basi di mercato (a livello di influenza pubblicitaria e di lucro conseguente all’abusiva operazione di marketing non previamente autorizzata).

Ci sono delle eccezioni al divieto di divulgazione di un’immagine altrui: l’art. 97 della Legge 633 del 1941 afferma che non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Anche in tali casi, però, il ritratto non può essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o anche al decoro della persona ritrattata.

Un secondo solo …….     

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