Il Maestro belga René Magritte venne definito il genio della paranoia, perché tramite le proprie opere immergeva lo spettatore in un mondo onirico, dove la razionalità si abbandonava all’istinto ed alle sensazioni primordiali della psiche, tra le quali spesso campeggiavano controsensi ed enigmi sovvertitori di ogni stereotipo logico e sociale.
Nel dipinto L’Assassino Minacciato, del 1926, viene ritratta la scena di un crimine all’interno della quale l’esecutore materiale dell’omicidio rimane sul luogo del delitto, con lo sguardo rivolto verso un grammofono, probabilmente proclamante una musica di contorno, mentre in primo piano due figure di autorità attendono, quasi attonite e prive di sensazioni, il momento giusto per procedere alla cattura in flagranza; nel frattempo sullo sfondo si scorgono tre persone che sbucano dalla finestra, per assistere all’evento di sangue, bramose d’invadere la vita altrui al fine di trarne elementi di spettacolarizzazione e di pubblica narrazione.
Spezzando la sensazione onirica del mirabile dipinto e tornando al brutale crimine, cosa potrebbe succedere se l’assassino, una volta espiata la propria lunga pena detentiva, volesse chiedere al pubblico che osserva il quadro, di dimenticare quell’evento efferato, cancellando il ricordo dell’omicidio?
Come potrebbe il killer ottenere una redenzione anche sociale, dopo aver scontato la doverosa condanna voluta dalla legge?
Può essere invocato un “diritto all’oblio” da parte dell’omicida, verso lo spettatore che, giorno dopo giorno, unendosi alle tre inquietanti figure che campeggiano sullo sfondo del quadro, assiste all’evento di sangue ritratto dal geniale artista belga?
E’ ovvio che in questa vicenda si tratta di un’opera d’arte, la cui narrazione viene affidata all’eternità della storia. Ma se, per esempio, un brutale fatto di cronaca campeggiasse dopo decenni su pagine di un motore di ricerca web, cosa potrebbe fare l’autore di quella condotta per ottenere la cancellazione di un ricordo ancora oggi sotto gli occhi del pubblico di internet, ma del quale l’esecutore, una volta espiata la pena, rivendica la cancellazione dalla memoria storica?
La Corte di Cassazione è tornata recentemente a trattare del diritto all’oblio.
Come evidenziato dalla Prima Sezione Civile con la Sentenza 9147 dello scorso 19 maggio 2020, esso consiste nel diritto a non rimanere esposti, senza limiti temporali, ad una rappresentazione non più attuale della propria persona, con pregiudizio “all’infinito” alla reputazione ed alla riservatezza.
Ciò a causa della ripubblicazione, a distanza anche di importanti lassi temporali, di notizie relative a fatti del passato, dei quali si rivendica oggi la cancellazione di ogni diretto riferimento verso la propria attuale persona.
La tutela va bilanciata, come precisano i Supremi Giudici, con l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto, espressione del diritto alla manifestazione del pensiero e quindi di cronaca, con finalità storico, sociale e documentaristica.
Nel caso di una notizia pubblicata sul web, così continua la Corte di Cassazione, il diritto all’oblio può trovare soddisfazione anche nella mera “deindicizzazione” dell’articolo dai motori di ricerca, riservando al pubblico di poter reperire la notizia attraverso gli archivi interni dei quotidiani online.
Va evidenziato che l’eliminazione di criteri di ricerca immediati, che possano associare in modo diretto il nome ed il cognome della persona ad una data notizia risalente nel tempo, appare un giusto compromesso tra diritto all’oblio e diritto di cronaca.
Il diritto all’oblio, peraltro, non trova soddisfazione nella “attualizzazione” della notizia del passato rispettosa dell’attuale identità dell’individuo, altrimenti falsata dalla mera riproposizione della prima, quanto nel porre nel dimenticatoio situazioni che, rese pubbliche nel passato, ove riproposte al pubblico deformerebbero i caratteri dell’individuo.
Ecco allora che la “deindicizzazione” dell’evento dal motore di ricerca diviene uno strumento che consente, nel rispetto dei principi statuiti anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, di conciliare il diritto alla privacy ed alla cancellazione dei dati con quello di cronaca, senza obbligare un organo d’informazione all’eliminazione di parti dei propri archivi informatizzati.